Carissimi amici, oggi è la festa della conversione di S. Paolo, l'apostolo delle genti, che per ben tre giorni sostò a Siracusa, prigioniero ma sempre fervente missionario, per infuocare i cuori della comunità cristiana, infiammandoli con l'ardore della sua predicazione evangelica. Lo zelo per la Parola di Dio e l'invito della Chiesa a rinnovare per tutto quest'anno la penetrazione alle radici della nostra fede ben si sposano con lo spirito che anima la Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani che tutte le Chiese hanno celebrato fino alla giornata conclusiva odierna. Anche noi ci uniamo con sincera partecipazione e cordiale apprensione all'anelito che il nostro stesso Signore Gesù Cristo ha espresso nel Suo testamento: "Padre, che tutti siano uno, come me e te, affinché il mondo creda". "Unità" e "credere" sono inscindibili: ecco perché l'anno della fede non può fare a meno di passare attraverso l'impegno tenace nel dialogo ecumenico, cioè nel cammino verso la ricomposizione della piena comunione fraterna di tutti i credenti in Gesù, che verrà suggellata in modo sublime dalla partecipazione all'unico altare, all'unica mensa, all'unico sacrificio del Corpo di Cristo. Consapevoli della priorità irrinunciabile dell'istanza ecumenica, pubblichiamo oggi la seguente preghiera, che facciamo nostra anche per l'intercessione potente di Maria Santissima, Madre dell'unità, e di Santa Lucia, profeta di pace per la Chiesa:
«Gesù, eccoci qui per chiederti anzitutto una cosa grande, Signore!
Tu che hai detto: “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome - cioè nel mio amore - io sono in mezzo a loro” (Mt 18,20), suscita in tutti noi quel grande rispetto fraterno, quel profondo ascolto vicendevole, accendi quel reciproco amore che permetta, anzi porti, la tua presenza spirituale in mezzo a noi. Perché lo sappiamo Signore senza di Te non possiamo far nulla. Ma, con Te in mezzo a noi, potremo essere illuminati con la tua luce, e guidati in questo giorno.
Tu conosci quale unica e pur diversa chiamata gravi su di noi: lavorare, assieme a tanti altri del mondo cristiano, affinché la comunione piena e visibile fra le Chiese diventi un giorno realtà. Anche se ciò richiede – lo sappiamo – quasi un miracolo. Per questo abbiamo bisogno di Te, Gesù. Noi, da parte nostra non possiamo non aprirti il nostro cuore e svelartene i sentimenti più profondi.
Avvertiamo anzitutto il bisogno di chiederti perdono a nome nostro, ma anche a nome delle nostre sorelle e fratelli cristiani di tutti i tempi, perdono per aver lacerato sconsideratamente la tua tunica e averla ridotta in così tanti pezzi; e per averla, indifferenti, mantenuta tale. Nello stesso tempo, non possiamo non nutrire un’ardente speranza nella tua misericordia, sempre più grande di ogni nostro peccato, e capace, non solo di perdonare, ma di dimenticare. Così come non possiamo negare una grande fede nel tuo amore immenso, che sa trarre il bene da ogni male, se in Te si crede e Te si ama.
Tutto questo brucia nel nostro cuore, Gesù, in questo momento, assieme alla riconoscenza per quanto, con la tua grazia, da quasi un secolo, i cristiani di molte Chiese, sospinti allo Spirito Santo, hanno potuto fare, per un riavvicinamento reciproco in un fecondo dialogo d’amore, un intenso lavoro teologico, una generale sensibilizzazione del popolo alla necessità dell’unità.
E perciò – lascia che te lo diciamo, Signore -, pur nella situazione della non ancora piena comunione, sempre viva dolorosa avvertiamo in cuore quell’ottimismo cristiano che il tuo infinito Amore non può non suscitare. E incominciamo così il nostro lavoro nella sicurezza che Tu, che sai vincere il mondo, saprai anche aiutarci ad aiutarti a mostrare un giorno il Tuo testamento realizzato qui sulla terra. Esso, per l’unità raggiunta, ti potrà testimoniare al mondo Re e Signore dei cuori e dei popoli. Amen.»
Chiara Lubich
al Consiglio Ecumenico delle Chiese
Ginevra, 28 ottobre 2002
Pubblicato in Il dialogo è vita, Città Nuova editrice, Roma 2002, pp. 47-49
(raccolta dei vari interventi di Chiara Lubich durante il viaggio a Ginevra del 2002, dalla forte impronta ecumenica)
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