Benvenuti nel 1° blog dedicato a S. LUCIA VERGINE E MARTIRE (Siracusa, fine III sec. - 13 dicembre 304). Realizzato dai devoti siracusani, in ricordo della storica VISITA DEL CORPO DI S. LUCIA A SIRACUSA (15-22 dicembre 2004, nel 17° Centenario del Martirio). Email redazione: amicisantalucia@yahoo.it. VIVA S. LUCIA!
giovedì 30 dicembre 2010
S. Lucia alla festa di S. Agata a Catania
mercoledì 29 dicembre 2010
Hanno detto di S. Lucia ... 5
domenica 26 dicembre 2010
Hanno detto di S. Lucia ... 4
Tommaso Gargallo (1760-1843), poeta siracusano:
MARTEDI ESPOSIZIONE RELIQUIE E SIMULACRO S. LUCIA
domenica 19 dicembre 2010
Hanno detto di S. Lucia ... 3
"Vergine e martire augusta,
l'astro più fulgido del nostro Cielo,
simbolo imperituro di candore e di fede,
di carità e di fortezza".
Hanno detto di S. Lucia ... 2
"Lucida lucenti lucescis Lucia luce /
lunedì 13 dicembre 2010
Hanno detto di S. Lucia ... 1
S. LUCIA 2010: IL "DISCORSO DAL BALCONE" DELL'ARCIVESCOVO
S. LUCIA 2010: IL MESSAGGIO DEL NOSTRO ARCIVESCOVO
SOLENNITA' DI SANTA LUCIA VERGINE E MARTIRE SIRACUSANA
domenica 12 dicembre 2010
E' festa! E' arrivata S. LUCIA! - Gli auguri della redazione
Carissimi amici,
Il Suo esempio ci sproni a imitarLa, le Sue virtù siano luce per ogni nostra azione, la Sua intercessione ci protegga, i Suoi meriti ci ottengano la salvezza eterna.
Ancora auguri, fratelli e sorelle diletti, siate lieti e gioiosi in questa festa per la terra e per il Cielo!!!
VIVA SANTA LUCIA!!!
La redazione del blog
Vigilia di S. Lucia 2010 - Le novità dei festeggiamenti siracusani
MUSICA E TEATRO
Itinerari d'Autore
Da martedì 14 dicembre dalle ore 21.00 alle ore 23.00, presso le Catacombe di Siracusa, evento teatrale e musicale dal titolo "Itinerari d'Autore".
martedi 14 dicembre
SHALOM BUDEER
giovedi 16 dicembre
STEFANIA TOSTO & GIUSEPPE SCAVO
venerdi 17 dicembre
CAPPELLA MUSICALE SIRACUSANA
domenica 19 dicembre
DUO SPELLBOUND
biglietto (solo concerto) € 5,00
biglietto concerto + visita guidata Catacomba di S. Lucia € 8,00
TEATRO - Catacomba di San Giovanni - ore 19.00
28, 29, 30 dicembre 2010 - 3, 4, 5 gennaio 2011
CANTO DI NATALE
con FRANCO MIRABELLA
e la partecipazione di ANDREA LA MONICA (flauto solo)
biglietto € 6,00 (ingresso gratuito ragazzi fino ai 12 anni)
PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA
per info e prevendita:
0931.64694 - info@kairos-web.com
BUONA FESTA A TUTTI!
SARAUSANA JE', VIVA SANTA LUCIA!
giovedì 9 dicembre 2010
Triduo di S. Lucia 2010 - Filastrocca lombarda dei bambini a S. Lucia
La gloriosa figura della nostra Santa Lucia, fanciulla siracusana di splendida bellezza, ha attirato nel corso dei secoli la simpatia dei cristiani d'ogni dove, ornando il culto ufficiale e la pia devozione con tradizioni popolari genuine e molto sentite.
Una tra queste, antica e tuttora diffusissima in una vasta area dell'Italia settentrionale, è quella di donare ai bimbi dolci e giochi nella notte della festa di Santa Lucia, e anche scambiarsi fraterni doni tra gli adulti: un simbolo concreto della generosità con la quale davvero Lucia, come riferiscono i documenti storiografici più attendibili, elargì i suoi ricchi beni ai poveri e bisognosi della Sua città. In questo triduo luciano, che a Siracusa riveste tradizionalmente la connotazione della solidarietà, è d'uopo ricordare questo aspetto della vita della nostra amata Patrona.
Ecco alcuni versi con i quali i bimbi vivono la magica atmosfera d'incanto dell'attesa della "notte di Santa Lucia":
Santa Lucia bella
dei bimbi sei la stella
per il mondo vai e vai
e non ti stanchi mai
porti confetti e doni
a tutti i bimbi buoni
col tuo asinello alato
e il carrettin fatato
vieni Santa Lucia
vieni presto da me!
mercoledì 8 dicembre 2010
Dall'Immacolata al Triduo di Santa Lucia
"Ad Jesum per Mariam cum Lucia" 9
Purtroppo, anche dopo la nascita, la vita dei bambini continua ad essere esposta all’abbandono, alla fame, alla miseria, alla malattia, agli abusi, alla violenza, allo sfruttamento. Le molteplici violazioni dei loro diritti che si commettono nel mondo feriscono dolorosamente la coscienza di ogni uomo di buona volontà. Davanti al triste panorama delle ingiustizie commesse contro la vita dell’uomo, prima e dopo la nascita, faccio mio l’appassionato appello del Papa Giovanni Paolo II alla responsabilità di tutti e di ciascuno: "Rispetta, difendi, ama e servi la vita, ogni vita umana! Solo su questa strada troverai giustizia, sviluppo, libertà vera, pace e felicità" (Enc. Evangelium vitae, 5). Esorto i protagonisti della politica, dell’economia e della comunicazione sociale a fare quanto è nelle loro possibilità, per promuovere una cultura sempre rispettosa della vita umana, per procurare condizioni favorevoli e reti di sostegno all’accoglienza e allo sviluppo di essa.
Alla Vergine Maria, che ha accolto il Figlio di Dio fatto uomo con la sua fede, con il suo grembo materno, con la cura premurosa, con l’accompagnamento solidale e vibrante di amore, affidiamo la preghiera e l’impegno a favore della vita nascente. Lo facciamo nella liturgia - che è il luogo dove viviamo la verità e dove la verità vive con noi - adorando la divina Eucaristia, in cui contempliamo il Corpo di Cristo, quel Corpo che prese carne da Maria per opera dello Spirito Santo, e da lei nacque a Betlemme, per la nostra salvezza. Ave, verum Corpus, natum de Maria Virgine!
martedì 7 dicembre 2010
"Ad Jesum per Mariam cum Lucia" 8
Ci sono tendenze culturali che cercano di anestetizzare le coscienze con motivazioni pretestuose. Riguardo all’embrione nel grembo materno, la scienza stessa ne mette in evidenza l’autonomia capace d’interazione con la madre, il coordinamento dei processi biologici, la continuità dello sviluppo, la crescente complessità dell’organismo. Non si tratta di un cumulo di materiale biologico, ma di un nuovo essere vivente, dinamico e meravigliosamente ordinato, un nuovo individuo della specie umana. Così è stato Gesù nel grembo di Maria; così è stato per ognuno di noi, nel grembo della madre. Con l’antico autore cristiano Tertulliano possiamo affermare: "E’ già un uomo colui che lo sarà" (Apologetico, IX, 8); non c’è alcuna ragione per non considerarlo persona fin dal concepimento.
lunedì 6 dicembre 2010
"Ad Jesum per Mariam cum Lucia" 7
Credere in Gesù Cristo comporta anche avere uno sguardo nuovo sull’uomo, uno sguardo di fiducia, di speranza. Del resto l’esperienza stessa e la retta ragione attestano che l’essere umano è un soggetto capace di intendere e di volere, autocosciente e libero, irripetibile e insostituibile, vertice di tutte le realtà terrene, che esige di essere riconosciuto come valore in se stesso e merita di essere accolto sempre con rispetto e amore. Egli ha il diritto di non essere trattato come un oggetto da possedere o come una cosa che si può manipolare a piacimento, di non essere ridotto a puro strumento a vantaggio di altri e dei loro interessi. La persona è un bene in se stessa e occorre cercare sempre il suo sviluppo integrale. L’amore verso tutti, poi, se è sincero, tende spontaneamente a diventare attenzione preferenziale per i più deboli e i più poveri. Su questa linea si colloca la sollecitudine della Chiesa per la vita nascente, la più fragile, la più minacciata dall’egoismo degli adulti e dall’oscuramento delle coscienze.
domenica 5 dicembre 2010
"Ad Jesum per Mariam cum Lucia" 6
Dio ci ama in modo profondo, totale, senza distinzioni; ci chiama all’amicizia con Lui; ci rende partecipi di una realtà al di sopra di ogni immaginazione e di ogni pensiero e parola: la sua stessa vita divina. Con commozione e gratitudine prendiamo coscienza del valore, della dignità incomparabile di ogni persona umana e della grande responsabilità che abbiamo verso tutti. "Cristo, che è il nuovo Adamo – afferma il Concilio Vaticano II – proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore, svela anche pienamente l’uomo a se stesso e gli manifesta la sua altissima vocazione ... Con la sua incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo" (Cost. Gaudium et spes, 22).
sabato 4 dicembre 2010
"Ad Jesum per Mariam cum Lucia" 5
L’uomo presenta un’originalità inconfondibile rispetto a tutti gli altri esseri viventi che popolano la terra. Si presenta come soggetto unico e singolare, dotato di intelligenza e volontà libera, oltre che composto di realtà materiale. Vive simultaneamente e inscindibilmente nella dimensione spirituale e nella dimensione corporea. Lo suggerisce anche il testo della Prima Lettera ai Tessalonicesi che è stato proclamato: "Il Dio della pace – scrive san Paolo – vi santifichi interamente, e tutta la vostra persona, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo" (5,23). Siamo dunque spirito, anima e corpo. Siamo parte di questo mondo, legati alle possibilità e ai limiti della condizione materiale; nello stesso tempo siamo aperti su un orizzonte infinito, capaci di dialogare con Dio e di accoglierlo in noi. Operiamo nelle realtà terrene e attraverso di esse possiamo percepire la presenza di Dio e tendere a Lui, verità, bontà e bellezza assoluta. Assaporiamo frammenti di vita e di felicità e aneliamo alla pienezza totale.
venerdì 3 dicembre 2010
"Ad Jesum per Mariam cum Lucia" 4
Cari fratelli e sorelle, il nostro radunarci questa sera per iniziare il cammino di Avvento si arricchisce di un altro importante motivo: con tutta
giovedì 2 dicembre 2010
"Ad Jesum per Mariam cum Lucia" 3
dall'omelia di S. S. Benedetto XVI per i Primi Vespri della I domenica d'Avvento 2010
(Basilica Vaticana, sabato 27.11.2010):
Mentre i nostri cuori si protendono verso la celebrazione annuale della nascita di Cristo, la liturgia della Chiesa orienta il nostro sguardo alla meta definitiva: l’incontro con il Signore che verrà nello splendore della gloria. Per questo noi che, in ogni Eucaristia, "annunciamo la sua morte, proclamiamo la sua risurrezione nell’attesa della sua venuta", vigiliamo in preghiera. La liturgia non si stanca di incoraggiarci e di sostenerci, ponendo sulle nostre labbra, nei giorni di Avvento, il grido con il quale si chiude l’intera Sacra Scrittura, nell’ultima pagina dell’Apocalisse di san Giovanni: "Vieni, Signore Gesù!" (22,20).
mercoledì 1 dicembre 2010
"Ad Jesum per Mariam cum Lucia" 2
Cari fratelli e sorelle,
con questa celebrazione vespertina, il Signore ci dona la grazia e la gioia di aprire il nuovo Anno Liturgico iniziando dalla sua prima tappa: l’Avvento, il periodo che fa memoria della venuta di Dio fra noi. Ogni inizio porta con sé una grazia particolare, perché benedetto dal Signore. In questo Avvento ci sarà dato, ancora una volta, di fare esperienza della vicinanza di Colui che ha creato il mondo, che orienta la storia e che si è preso cura di noi giungendo fino al culmine della sua condiscendenza con il farsi uomo. Proprio il mistero grande e affascinante del Dio con noi, anzi del Dio che si fa uno di noi, è quanto celebreremo nelle prossime settimane camminando verso il santo Natale. Durante il tempo di Avvento sentiremo
PAROLA DI VITA - DICEMBRE 2010
“Nulla è impossibile a Dio” (Luca 1,37)
La domanda di Maria, all'annuncio dell'Angelo: "Com'è possibile questo?" ebbe come risposta: "Nulla è impossibile a Dio" e, a riprova di ciò, le venne portato l'esempio di Elisabetta, che nella sua vecchiaia aveva concepito un figlio. Maria credette e divenne
Dio è onnipotente: questo suo nome si incontra frequentemente nella Sacra Scrittura ed è usato quando si vuole esprimere la potenza di Dio nel benedire, nel giudicare, nel dirigere il corso degli eventi, nel realizzare i suoi disegni.
C'è un solo limite all'onnipotenza di Dio: la libertà umana, che si può opporre alla di lui volontà rendendo l'uomo impotente, mentre sarebbe chiamato a condividere la stessa forza di Dio.
“Nulla è impossibile a Dio”
[…] E' una Parola che ci apre ad una confidenza illimitata nell'amore di Dio-Padre, perché, se Dio è e il suo essere è Amore, la fiducia completa in lui non ne è che la logica conseguenza.
Tutte le grazie sono in suo potere: temporali e spirituali, possibili e impossibili. Ed egli le dà a chi le chiede e anche a chi non chiede, perché, come dice il Vangelo, egli, il Padre, "fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni" e a noi tutti chiede di agire come lui, con lo stesso amore universale, sostenuto dalla fede che:
“Nulla è impossibile a Dio”
Come vivere dunque questa Parola nella vita di ogni giorno?
Noi tutti dobbiamo affrontare di quando in quando situazioni difficili, dolorose, sia nella nostra vita personale, sia nei rapporti con gli altri. E sperimentiamo a volte tutta la nostra impotenza perché avvertiamo in noi degli attaccamenti a cose e persone che ci rendono schiavi di legami da cui vorremmo liberarci. Ci troviamo spesso di fronte ai muri dell'indifferenza e dell'egoismo e ci sentiamo cadere le braccia di fronte ad avvenimenti che sembrano superarci.
Ebbene, in questi momenti,
“Nulla è impossibile a Dio”
Ripetendoci questo nei momenti più critici, ci verrà dalla Parola di Dio quell'energia che essa racchiude in sé, facendoci partecipare in qualche modo della stessa onnipotenza di Dio. Ad un patto, però, e cioè che si viva la sua volontà, cercando di irradiare attorno a noi quell'amore che è deposto nei nostri cuori. Così saremo all'unisono con l'Amore onnipotente di Dio per le sue creature, al quale tutto è possibile, ciò che concorre a realizzare i suoi piani sui singoli e sull'umanità.
Ma c'è un momento speciale per poter vivere questa Parola e per sperimentarne tutta l'efficacia: è nella preghiera.
Gesù ha detto che qualsiasi cosa chiederemo al Padre in nome suo egli ce la concederà. Proviamo dunque a chiedergli ciò che ci sta più a cuore con la certezza di fede che a lui nulla è impossibile: dalla soluzione di casi disperati, alla pace nel mondo; dalle guarigioni da malattie gravi, alla ricomposizione di conflitti familiari e sociali.
Se poi siamo in più a chiedere la stessa cosa, in pieno accordo per l'amore reciproco, allora è Gesù stesso in mezzo a noi che prega il Padre e, secondo la sua promessa, otterremo.
Con tale fede nell'onnipotenza di Dio e nel suo Amore, anche noi chiedemmo un giorno per N. che quel tumore, visto su una radiografia, "scomparisse", quasi fosse un errore o un fantasma. E così avvenne.
Questa fiducia sconfinata che ci fa sentire nelle braccia di un Padre al quale tutto è possibile, deve accompagnare sempre le vicende della nostra vita. Non è detto che otterremo sempre ciò che chiederemo. La sua è l'onnipotenza di un Padre e la usa sempre e soltanto per il bene dei suoi figli, che essi lo sappiano o no. L'importante è vivere coltivando la certezza che a Dio nulla è impossibile e questo ci farà sperimentare una pace mai provata.
+ Chiara Lubich
(testo pubblicato su "Città nuova" 1999/22, p. 7)
lunedì 29 novembre 2010
... TRE, DUE, UNO ... FESTAAA!!!
sabato 27 novembre 2010
"Ad Jesum per Mariam cum Lucia"
Carissimi, un caloroso saluto di ben ritrovati sul nostro blog!
Stasera con i primi vespri della prima domenica del tempo di Avvento, è ritornato finalmente questo attesissimo tempo forte dell'anno liturgico, così caro a tutti i cristiani del mondo!
L'Avvento possiede una ricchezza e una profondità di significati teologici tutti da scoprire, riscoprire e sviscerare, anche grazie alla preghiera ufficiale della Chiesa, che con materna pedagogia ci accompagna ogni giorno a rivivere e riattualizzare i grandi momenti della storia della salvezza.
Provvidenzialmente, in questi giorni si susseguono per noi, in un crescendo di spiritualità e intensa pietà, importanti momenti: alla prima domenica d'Avvento, il "capodanno" della Chiesa, seguirà immediatamente, lunedì 29 novembre, l'inizio della Novena dell'Immacolata in preparazione alla solennità dell'8 dicembre, e l'indomani, martedì 30, l'inizio della Tredicina di Santa Lucia, in preparazione al 13 dicembre.
Nell'attesa della venuta del Signore nostro Gesù Cristo, andiamoGli incontro per mezzo di Maria e in compagnia di Lucia nostra Patrona!
Ed ecco il nostro augurio per cominciare bene:
lunedì 1 novembre 2010
Un regalo per la festa di tutti i Santi
Il motivo per cui il cristiano vive sulla terra è quello di raggiungere la santità...
Ma spesso per molti cristiani di oggi, che di cristiano non hanno che il nome, rinunciatari affogati nel mondo, secolarizzati, la sola parola santità" suona anacronistica, relegata in un tempo passato di stile medioevale o in quei luoghi incomprensibili e forse ingombranti come sono i monasteri, quando non è fissazione di menti deboli che credono buttandosi in queste avventure, di scansare le difficoltà della vita e sono avulse dal tempo moderno, dinamico, il cui dio è ormai la tecnica, la scienza quando non è il divertimento, l'edonismo.
L'accelerazione della vita moderna poi, che non lascia fiato, i mezzi di comunicazione che assorbono tutto il tempo libero e non danno più possibilità di pensare, di chiedersi dei perché, rendono quest'idea della santità assolutamente indifferente, per lo meno non importante. "Non posso pensarci, quindi non c'è problema". Manca il tempo, manca la solitudine...
Altri non trovano la strada.
"Come farsi santi?" E' una parola, quale la via, quale l'imbocco? Forse far penitenze come grandi santi, ma non sono cose per questi tempi, anche se in altri momenti potevano andar bene. Forse pregare molto? Lo farei se sapessi che quella è la mia via. Forse darmi a Dio e lasciarmi forgiare da un'obbedienza ad un superiore...ma anche queste son cose che non calzano più con la mentalità moderna.
Quale dunque la via per attuare la santità anche al giorno di oggi?
E' secondo me questa del fare la volontà di Dio, una via moderna per farsi santi. Non occorre entrare in convento, non occorre necessariamente consacrarsi a Dio o farsi preti. No, basta fare quello che Dio vuole da noi (...)
Allora anche una mamma che deve svolgere i lavori di casa, anche l'operaio all'officina, anche la lavoratrice alla catena di montaggio, anche l'ammalato nel suo letto, anche il bambino, anche il vecchietto, anche il padre carico d'affari, anche il poliziotto, anche l'artista, anche lo stradino, anche il missionario, anche lo scrittore, anche la domestica, anche il barista, anche lo sportivo, tutti, tutti, tutti possono farsi santi, perché tutti possono fare la volontà di Dio. Questa strada di santità è via per la massa
Così il mondo, la scuola, gli uffici, le fabbriche, le strade ospitano santi in cammino, che perseverando saranno santi in eterno, ma qui la perseveranza è facile, basta avere il coraggio di non pensare al domani e ributtarsi nell'eterno presente di Dio.
PAROLA DI VITA - NOVEMBRE 2010
«Beati i puri di cuore perché vedranno Dio». (Mt 5,8)
La predicazione di Gesù si apre col discorso della montagna. Davanti al lago di Tiberiade su una collina nei pressi di Cafarnao, seduto, come usavano fare i maestri, Gesù annuncia alle folle l’uomo delle beatitudini. Più volte nell’Antico Testamento risuonava la parola “beato” e cioè l’esaltazione di colui che adempiva, nei modi più vari,
Le beatitudini di Gesù riecheggiavano in parte quelle che i discepoli già conoscevano; ma per la prima volta essi sentivano che i puri di cuore, non solo, come cantava il Salmo, erano degni di salire sul monte del Signore, ma addirittura potevano vedere Dio. Quale era dunque quella purezza così alta da meritare tanto? Gesù l’avrebbe spiegato più volte nel corso della sua predicazione. Cerchiamo perciò di seguirlo per attingere alla fonte dell’autentica purezza.
«Beati i puri di cuore perché vedranno Dio».
Anzitutto, secondo Gesù, vi è un mezzo sovrano di purificazione: «Voi siete già mondi in virtù della Parola che vi ho annunziato». Non sono tanto degli esercizi rituali a purificare l’animo, ma la sua Parola.
Dunque la purezza è frutto della Parola vissuta, di tutte quelle Parole di Gesù che ci liberano dai cosiddetti attaccamenti, nei quali necessariamente si cade, se non si ha il cuore in Dio e nei suoi insegnamenti. Essi possono riguardare le cose, le creature, sé stessi. Ma se il cuore è puntato su Dio solo, tutto il resto cade.
Per riuscire in questa impresa, può essere utile, durante la giornata, ripetere a Gesù, a Dio, quell’invocazione del Salmo che dice: «Sei tu, Signore, l’unico mio bene!». Proviamo a ripeterlo spesso, e soprattutto quando i vari attaccamenti vorrebbero trascinare il nostro cuore verso quelle immagini, sentimenti e passioni che possono offuscare la visione del bene e toglierci la libertà.
Siamo portati a guardare certi cartelloni pubblicitari, a seguire certi programmi televisivi? No, diciamogli: «Sei tu, Signore, l’unico mio bene» e sarà questo il primo passo che ci farà uscire da noi stessi, ri-dichiarando il nostro amore a Dio. E così avremo acquistato in purezza.
Avvertiamo a volte che una persona o un’attività si frappongono, come un ostacolo, fra noi e Dio e inquinano il nostro rapporto con lui? È il momento di ripetergli: «Sei tu, Signore, l’unico mio bene». Questo ci aiuterà a purificare le nostre intenzioni e a ritrovare la libertà interiore.
«Beati i puri di cuore perché vedranno Dio».
Ma c’è un amore che Gesù ci comanda e che ci permette di vivere questa beatitudine. È l’amore reciproco, di chi è pronto a dare la vita per gli altri, sull’esempio di Gesù. Esso crea una corrente, uno scambio, un’atmosfera la cui nota dominante è proprio la trasparenza, la purezza, per la presenza di Dio che, solo, può creare in noi un cuore puro. È vivendo l’amore scambievole che
L’individuo isolato è incapace di resistere a lungo alle sollecitazioni del mondo, mentre nell’amore vicendevole trova l’ambiente sano, capace di proteggere la sua purezza e tutta la sua autentica esistenza cristiana.
«Beati i puri di cuore perché vedranno Dio».
Ed ecco il frutto di questa purezza, sempre riconquistata: si può “vedere” Dio, cioè capire la sua azione nella nostra vita e nella storia, sentire la sua voce nel cuore, cogliere la sua presenza là dove è: nei poveri, nell’Eucaristia, nella sua Parola, nella comunione fraterna, nella Chiesa.
È un pregustare la presenza di Dio che comincia già da questa vita «camminando nella fede e non ancora in visione» fino a quando «vedremo faccia a faccia» eternamente.
mercoledì 13 ottobre 2010
LA PREGHIERA DEL MESE - OTTOBRE 2010
Nella seguente orazione composta dal card. Corrado Ursi quando era arcivescovo di Napoli, siamo condotti alla riflessione tra Lucia, che porta il nome di "figlia della Luce", e il nostro divenire come Lei "figli della Luce" grazie al sacramento del Battesimo, ritornando ogni volta alla Luce di Cristo attraverso la riconciliazione a Lui che ci viene offerta dal sacramento della Penitenza. Un invito a riscoprire il valore salvifico e vivificante dei sacramenti che abbiamo ricevuto da Cristo stesso operante nei Suoi Apostoli, ancora oggi rappresentati dalla Chiesa:
O gloriosa vergine e martire Lucia, che nel Battesimo ricevesti il nome e la condizione di "figlia della Luce", e vincendo ogni seduzione del male, rinunciando ad ogni piacere carnale per amare Dio e il prossimo con cuore indiviso, irradiasti nei Tuoi giorni e irradi tuttora con
Ottienici dal Signore la forza perché possiamo vivere nella grazia divina come veri Suoi figli, mantenendo sempre accesa, nelle tempeste del male e degli scandali, quella fiaccola della fede e della carità che ci fu accesa nel Battesimo alla fiamma del Risorto.
Quando disgraziatamente avessimo a ricadere nella colpa, Egli ci attiri e ci purifichi alla fonte della resurrezione che è il sacramento della Penitenza. Così rifulgerà in noi il volto di Dio e tutti gli uomini, attratti dalla luce delle nostre opere buone, glorificheranno il Padre nostro che è nei cieli.
A Lui l'onore e la gloria nei secoli. Amen.
sabato 2 ottobre 2010
PAROLA DI VITA - OTTOBRE 2010
Per rispondere ad una domanda, Gesù si inserisce nella grande tradizione profetica e rabbinica che era alla ricerca del principio unificatore della Torah, e cioè dell’insegnamento di Dio contenuto nella Bibbia. Rabbi Hillel, un suo contemporaneo, aveva detto: «Non fare al prossimo tuo ciò che è odioso a te, questa è tutta la legge. Il resto è solo spiegazione».
Per i maestri dell’ebraismo l’amore del prossimo deriva dall’amore a Dio che ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza, per cui non si può amare Dio senza amare la sua creatura: questo è il vero motivo dell’amore del prossimo, ed è «un grande e generale principio nella legge».
Gesù ribadisce questo principio e aggiunge che il comando di amare il prossimo è simile al primo e più grande comandamento, quello cioè di amare Dio con tutto il cuore, la mente e l’anima. Affermando una relazione di somiglianza fra i due comandamenti, Gesù li salda definitivamente e così farà tutta la tradizione cristiana; come dirà lapidariamente l’apostolo Giovanni: «Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede».
«Amerai il prossimo tuo come te stesso».
Prossimo – lo dice chiaramente tutto il Vangelo – è ogni essere umano, uomo o donna, amico o nemico, al quale si deve rispetto, considerazione, stima. L’amore del prossimo è universale e personale al tempo stesso. Abbraccia tutta l’umanità e si concreta in colui-che-ti-sta-vicino.
Ma chi può darci un cuore così grande, chi può suscitare in noi una tale benevolenza da farci sentire vicini – prossimi – anche coloro che sono più estranei a noi, da farci superare l’amore di sé, per vedere questo sé negli altri? È un dono di Dio, anzi è lo stesso amore di Dio che «è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato».
Non è quindi un amore comune, non una semplice amicizia, non la sola filantropia, ma quell’amore che è versato sin dal battesimo nei nostri cuori: quell’amore che è la vita di Dio stesso, della Trinità beata, al quale noi possiamo partecipare.
Dunque l’amore è tutto, ma per poterlo vivere bene occorre conoscere le sue qualità che emergono dal Vangelo e dalla Scrittura in genere e che ci sembra poter riassumere in alcuni aspetti fondamentali.
Per prima cosa Gesù, che è morto per tutti, amando tutti, ci insegna che il vero amore va indirizzato a tutti. Non come l’amore che viviamo noi tante volte, semplicemente umano, che ha un raggio ristretto: la famiglia, gli amici, i vicini…
L’amore vero che Gesù vuole non ammette discriminazioni: non distingue tanto la persona simpatica dall’antipatica, non c’è per esso il bello, il brutto, il grande o il piccolo; per questo amore non c’è quello della mia patria o lo straniero, quello della mia Chiesa o di un’altra, della mia religione o di un’altra. Tutti ama quest’amore. E così dobbiamo fare noi: amare tutti.
L’amore vero, ancora, ama per primo, non aspetta di essere amato, come in genere è dell’amore umano: si ama chi ci ama. No, l’amore vero prende l’iniziativa, come ha fatto il Padre quando, essendo noi ancora peccatori, quindi non amanti, ha mandato il Figlio per salvarci.
Quindi: amare tutti e amare per primi.
E ancora: l’amore vero vede Gesù in ogni prossimo: «L’hai fatto a me» ci dirà Gesù al giudizio finale. E ciò vale per il bene che facciamo e anche per il male purtroppo.
L’amore vero ama l’amico e anche il nemico: gli fa del bene, prega per lui.
Gesù vuole anche che l’amore, che egli ha portato sulla terra, diventi reciproco: che l’uno ami l’altro e viceversa, sì da arrivare all’unità.
Tutte queste qualità dell’amore ci fanno capire e vivere meglio la parola di vita di questo mese.
«Amerai il prossimo tuo come te stesso».
Sì, l’amore vero ama l’altro come sé stesso. E ciò va preso alla lettera: occorre proprio vedere nell’altro un altro sé e fare all’altro quello che si farebbe a sé stessi. L’amore vero è quello che sa soffrire con chi soffre, godere con chi gode, portare i pesi altrui, che sa, come dice Paolo, farsi uno con la persona amata. È un amore, quindi, non solo di sentimento, o di belle parole, ma di fatti concreti.
Chi ha un altro credo religioso cerca pure di fare così per la cosiddetta “regola d’oro” che ritroviamo in tutte le religioni. Essa vuole che si faccia agli altri ciò che vorremmo fosse fatto a noi. Gandhi la spiega in modo molto semplice ed efficace: «Non posso farti del male senza ferirmi io stesso».
Questo mese, dunque, deve essere un’occasione per rimettere a fuoco l’amore del prossimo, che ha così tanti volti: dal vicino di casa, alla compagna di scuola, dall’amico alla parente più stretta. Ma ha anche i volti di quell’umanità angosciata che la tv porta nelle nostre case dai luoghi di guerra e di catastrofi naturali. Una volta erano sconosciuti e lontani mille miglia. Ora sono divenuti anch’essi nostri prossimi.
L’amore ci suggerirà volta per volta cosa fare, e dilaterà a poco a poco il nostro cuore sulla misura di quello di Gesù.
mercoledì 1 settembre 2010
PAROLA DI VITA - SETTEMBRE 2010
"Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette" (Mt 18,22).
Gesù con queste sue parole risponde a Pietro che, dopo aver ascoltato cose meravigliose dalla sua bocca, gli ha posto questa domanda: "Signore, quante volte dovrò perdonare a mio fratello, se pecca contro di me? fino a sette volte?". E Gesù: "Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette".
Pietro, probabilmente, sotto l'influenza della predicazione del Maestro, aveva pensato di lanciarsi, buono e generoso com'era, nella sua nuova linea, facendo qualcosa di eccezionale: arrivando a perdonare fino a sette volte. […]
Ma Gesù rispondendo: "…fino a settanta volte sette", dice che per lui il perdono deve essere illimitato: occorre perdonare sempre.
"Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette".
Questa Parola fa ricordare il canto biblico di Lamech, un discendente di Adamo: "Sette volte sarà vendicato Caino, ma Lamech settantasette". Così inizia il dilagare dell'odio nei rapporti fra gli uomini del mondo: ingrossa come un fiume in piena.
A questo dilagare del male, Gesù oppone il perdono senza limite, incondizionato, capace di rompere il cerchio della violenza.
Il perdono è l'unica soluzione per arginare il disordine e aprire all'umanità un futuro che non sia l'autodistruzione.
"Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette".
Perdonare. Perdonare sempre. Il perdono non è dimenticanza che spesso significa non voler guardare in faccia la realtà. Il perdono non è debolezza, e cioè non tener conto di un torto per paura del più forte che l'ha commesso. Il perdono non consiste nell'affermare senza importanza ciò che è grave, o bene ciò che è male.
Il perdono non è indifferenza. Il perdono è un atto di volontà e di lucidità, quindi di libertà, che consiste nell'accogliere il fratello e la sorella così com'è, nonostante il male che ci ha fatto, come Dio accoglie noi peccatori, nonostante i nostri difetti. Il perdono consiste nel non rispondere all'offesa con l'offesa, ma nel fare quanto Paolo dice: "Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male" .
Il perdono consiste nell'aprire a chi ti fa del torto la possibilità d'un nuovo rapporto con te, la possibilità quindi per lui e per te di ricominciare la vita, d'aver un avvenire in cui il male non abbia l'ultima parola.
"Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette".
Come si farà allora a vivere questa Parola?
Pietro aveva chiesto a Gesù: "Quante volte dovrò perdonare a mio fratello?".
E Gesù, rispondendo, aveva di mira, dunque, soprattutto i rapporti fra cristiani, fra membri della stessa comunità.
E' dunque prima di tutto con gli altri fratelli e sorelle nella fede che bisogna comportarsi così: in famiglia, sul lavoro, a scuola o nella comunità di cui si fa parte.
Sappiamo quanto spesso si vuole compensare con un atto, con una parola corrispondente, l'offesa subita.
Si sa come per diversità di carattere, o per nervosismo, o per altre cause, le mancanze di amore sono frequenti fra persone che vivono insieme. Ebbene, occorre ricordare che solo un atteggiamento di perdono, sempre rinnovato, può mantenere la pace e l'unità tra fratelli.
Ci sarà sempre la tendenza a pensare ai difetti delle sorelle e dei fratelli, a ricordarsi del loro passato, a volerli diversi da come sono… Occorre far l'abitudine a vederli con occhio nuovo e nuovi loro stessi, accettandoli sempre, subito e fino in fondo, anche se non si pentono.
Si dirà: "Ma ciò è difficile". Si capisce. Ma qui è il bello del cristianesimo. Non per nulla siamo alla sequela di Cristo che, sulla croce, ha chiesto perdono al Padre per coloro che gli avevano dato la morte, ed è risorto.
Coraggio. Iniziamo una vita così, che ci assicura una pace mai provata e tanta gioia sconosciuta.
Chiara Lubich
sabato 28 agosto 2010
Lucia, nostra "compagna di viaggio"
sabato 7 agosto 2010
DOMANI ESPOSIZIONE RELIQUIE E SIMULACRO DI S. LUCIA
mercoledì 4 agosto 2010
PAROLA DI VITA - AGOSTO 2010
Agosto: mese mariano.
Vi splende al centro una gemma preziosa: la solennità dell'Assunzione in Cielo della Madre di Dio, l'Immacolata e sempre Vergine Maria Santissima, che a Siracusa festeggeremo grandiosamente con la tipica processione a mare, nel meraviglioso Porto Grande (nella cui occasione domanderemo la grazia che esso non venga mai deturpato e distrutto da illecite manovre politiche).
Coronano tale solennità, tutt'intorno, tante grandi e piccole celebrazioni mariane, alcune d'àmbito locale e altre diffuse universalmente.
Tra queste, per noi Siracusani, brilla un vero e proprio faro per l'anno liturgico: la solennità della Beata Vergine Maria delle Lacrime, nell'anniversario della prodigiosa Lacrimazione del Cuore Immacolato di Maria, avvenuta a Siracusa dal 29 agosto al 1° settembre 1953, approvata dalla scienza e dalla Chiesa.
Per il nostro tradizionale appuntamento mensile con la lettura della Sacra Scrittura, secondo l'esempio di Santa Lucia, meditiamo pertanto su una delle Beatitudini di Maria:
"E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore." (Lc 1,45)
Questa Parola fa parte di un avvenimento semplice e altissimo al tempo stesso: è l'incontro fra due gestanti, fra due madri, la cui simbiosi spirituale e fisica con i loro figli è totale. Sono esse la loro bocca, i loro sentimenti. Quando parla Maria, il bambino di Elisabetta fa un balzo di gioia nel suo ventre. Quando parla Elisabetta sembra che le parole le siano messe sulle labbra dal Precursore. Ma mentre le prime parole del suo inno di lode a Maria sono rivolte personalmente alla madre del Signore, le ultime sono dette in terza persona: "Beata colei che ha creduto".
Così la sua "affermazione acquista carattere di verità universale: la beatitudine vale per tutti i credenti, concerne coloro che accolgono la Parola di Dio e la mettono in pratica e che trovano in Maria il modello ideale" .
"E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore."
E' la prima beatitudine del Vangelo che riguarda Maria, ma anche tutti coloro che la vogliono seguire e imitare.
C'è uno stretto legame, in Maria, tra fede e maternità, come frutto dell'ascolto della Parola. E Luca qui ci suggerisce qualcosa che riguarda anche noi. Più avanti nel suo Vangelo Gesù dice: "Mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica" .
Anticipando quasi queste parole, Elisabetta, mossa dallo Spirito Santo, ci annuncia che ogni discepolo può diventare "madre" del Signore. La condizione è che creda alla Parola di Dio e che la viva.
"E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore."
Maria, dopo Gesù, è colei che meglio e più perfettamente ha saputo dire "sì" a Dio. E' soprattutto questa la sua santità e la sua grandezza. E se Gesù è il Verbo, la Parola incarnata, Maria, per la sua fede nella Parola è la Parola vissuta, ma creatura come noi, uguale a noi.
Il ruolo di Maria come madre di Dio è eccelso e grandioso. Ma Dio non chiama solo la Vergine a generare Cristo in sé. Seppure in altro modo, ogni cristiano ha un simile compito: quello di incarnare Cristo fino a ripetere, come san Paolo: "Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me" .
Ma come attuare ciò?
Con l'atteggiamento di Maria verso la Parola di Dio e cioè di totale disponibilità. Credere dunque, con Maria, che si realizzeranno tutte le promesse contenute nella Parola di Gesù e affrontare, come Maria, se occorre, il rischio dell'assurdo che alle volte la sua Parola comporta.
Grandi e piccole cose, ma sempre meravigliose, accadono a chi crede nella Parola. Si potrebbero riempire dei libri con i fatti che lo provano.
Chi può dimenticare quando, in piena guerra, credendo alle parole di Gesù "chiedete e vi sarà dato" abbiamo chiesto tutto quello di cui tanti poveri in città avevano bisogno e vedevamo arrivare sacchi di farina, scatole di latte, di marmellata, legna, vestiario?
Anche oggi accadono le stesse cose. "Date e vi sarà dato" e i magazzini della carità sono sempre pieni, essendo regolarmente svuotati.
Ma ciò che colpisce di più è come le parole di Gesù sono vere sempre e dovunque. E l'aiuto di Dio arriva puntuale anche in circostanze impossibili, e nei punti più isolati della terra, come è accaduto poco tempo fa ad una madre che vive in grande povertà. Un giorno si è sentita spinta a dare i suoi ultimi soldi ad una persona più povera di lei. Credeva a quel "date e vi sarà dato" del Vangelo. E aveva una grande pace nell'animo. Poco dopo è arrivata la sua bambina più piccola e le ha mostrato un dono appena ricevuto da un anziano parente che, per caso, era passato di lì: nella sua manina c'erano i soldi moltiplicati.
Una "piccola" esperienza come questa ci spinge a credere nel Vangelo; e ciascuno di noi può provare quella gioia, quella beatitudine che viene dal vedere realizzate le promesse di Gesù.
Quando, nella vita di tutti i giorni, nella lettura delle Sacre Scritture ci incontreremo con la Parola di Dio, apriamo il nostro cuore all'ascolto, con la fede che ciò che Gesù ci chiede e promette si avvererà. Non tarderemo a scoprire, come Maria e come quella madre, che Egli mantiene le sue promesse.
+ Chiara Lubich
(tratto da: "Città Nuova" 1999/14, p. 33)