
Benvenuti nel 1° blog dedicato a S. LUCIA VERGINE E MARTIRE (Siracusa, fine III sec. - 13 dicembre 304). Realizzato dai devoti siracusani, in ricordo della storica VISITA DEL CORPO DI S. LUCIA A SIRACUSA (15-22 dicembre 2004, nel 17° Centenario del Martirio). Email redazione: amicisantalucia@yahoo.it. VIVA S. LUCIA!
giovedì 1 settembre 2011
LA MADONNINA DI SIRACUSA
venerdì 19 agosto 2011
BENEDETTO XVI ALLA GMG 2011 DI MADRID
lunedì 1 agosto 2011
PAROLA DI VITA - AGOSTO 2011
Meditazione di Chiara Lubich
«Ecco, io vengo a fare la tua volontà» (Eb 10,9).
È questo un versetto del Salmo 40, che l'autore della lettera agli Ebrei mette sulle labbra del Figlio di Dio in dialogo con il Padre. L'autore vuole sottolineare in questo modo l'amore con il quale il Figlio di Dio si è fatto uomo per compiere l'opera della redenzione in obbedienza alla volontà del Padre.
Queste parole fanno parte di un contesto nel quale l'autore vuole dimostrare l'infinita superiorità del sacrificio di Gesù rispetto ai sacrifici dell'antica Legge. A differenza di questi ultimi, nei quali venivano offerti a Dio come vittime di animali o, comunque, cose esterne all'uomo, Gesù, spinto da un immenso amore, durante la sua vita terrena ha offerto al Padre la propria volontà, tutto sé stesso.
«Ecco, io vengo a fare la tua volontà».
Questa Parola ci offre la chiave di lettura della vita di Gesù, aiutandoci a coglierne l'aspetto più profondo e il filo d'oro che lega tutte le tappe della sua esistenza terrena: la sua infanzia, la sua vita nascosta, le tentazioni, le sue scelte, la sua attività pubblica, fino alla morte sulla croce. In ogni istante, in ogni situazione Gesù ha cercato una cosa sola: compiere la volontà del Padre; e l'ha compiuta in modo radicale, non facendo nulla fuori di essa e rifiutando anche le proposte più suggestive che non fossero in pieno accordo con quella volontà.
«Ecco, io vengo a fare la tua volontà».
Questa Parola ci fa comprendere la grande lezione a cui mirava tutta la vita di Gesù. E cioè che la cosa più importante è il compiere non già la nostra, ma la volontà del Padre; renderci capaci di dire di no a noi stessi per dire di sì a lui.
Il vero amore a Dio non consiste nelle belle parole, idee e sentimenti, ma nell'obbedienza effettiva ai suoi comandamenti. Il sacrificio di lode, che egli si aspetta da noi, è l'offerta amorosa fatta a lui di ciò che abbiamo di più intimo, di ciò che più ci appartiene: la nostra volontà.
«Ecco, io vengo a fare la tua volontà».
Come vivremo allora la Parola di Vita di questo mese? Anche questa è una delle parole che mette più in evidenza l'aspetto controcorrente del Vangelo, in quanto si contrappone alla nostra tendenza più radicata: cercare la nostra volontà, seguire i nostri istinti, i nostri sentimenti.
Questa Parola è anche una delle più urtanti per l'uomo moderno. Viviamo nell'epoca dell'esaltazione dell'io, dell'autonomia della persona, della libertà come fine a sé stessa, dell'autosoddisfazione come realizzazione dell'individuo, del piacere considerato come il criterio delle proprie scelte ed il segreto della felicità. Ma conosciamo anche le conseguenze disastrose a cui questa cultura conduce.
Orbene, a questa cultura fondata sulla ricerca della propria volontà, si contrappone quella di Gesù, totalmente orientata al compimento della volontà di Dio, con gli effetti meravigliosi che egli ci assicura.
Cercheremo allora di vivere la Parola di questo mese scegliendo anche noi la volontà del Padre, facendone cioè, come ha fatto Gesù, la norma e il movente di tutta la nostra vita.
Ci avventureremo verso una divina avventura di cui saremo eternamente grati a Dio. Per essa ci faremo santi e irradieremo l'amore di Dio in molti cuori.
venerdì 1 luglio 2011
PAROLA DI VITA - LUGLIO 2011
domenica 26 giugno 2011
FESTA DEL CORPUS DOMINI
giovedì 2 giugno 2011
FESTA DEL SACRO CUORE DI GESU' A SIRACUSA

mercoledì 1 giugno 2011
PAROLA DI VITA - GIUGNO 2011
“Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto” (Rm 12,2)
Ci troviamo nella seconda parte della lettera di san Paolo ai Romani, dove l’apostolo ci descrive l’agire cristiano come espressione della nuova vita, del vero amore, della vera gioia, della vera libertà, che Cristo ci ha donato; è la vita cristiana come nuovo modo di affrontare, con la luce e la forza dello Spirito Santo, i vari compiti e problemi di fronte ai quali possiamo venirci a trovare.
In questo versetto, strettamente legato al precedente, l’apostolo enuncia lo scopo e l’atteggiamento di fondo che dovrebbero caratterizzare ogni nostro comportamento: fare della nostra vita una lode a Dio, un atto di amore disteso nel tempo, nella costante ricerca della sua volontà, di ciò che gli è più gradito.
“Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto”
E’ evidente che, per compiere la volontà di Dio, occorre innanzitutto conoscerla. Ma, ci lascia capire l’apostolo, questo non è facile. Non è possibile conoscere bene la volontà di Dio senza una luce particolare, la quale ci aiuti a discernere nelle varie situazioni quello che Dio vuole da noi, evitando le illusioni e gli errori in cui potremmo facilmente cadere.
Si tratta di quel dono dello Spirito Santo, che si chiama “discernimento” e che è indispensabile per costruire in noi un’autentica mentalità cristiana.
“Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto”
Ma come acquistare e sviluppare in noi questo dono così importante? Senza dubbio si richiede da parte nostra una buona conoscenza della dottrina cristiana. Ma non basta. Come ci suggerisce l’apostolo, è soprattutto una questione di vita; è una questione di generosità, di slancio nel vivere la parola di Gesù, mettendo da parte le paure, le incertezze e i calcoli mediocri. E’ una questione di disponibilità e di prontezza a compiere la volontà di Dio. E’ questa la via per avere la luce dello Spirito Santo e costruire in noi la nuova mentalità che qui ci viene chiesta.
“Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto”
Come vivremo allora la Parola di Vita di questo mese? Cercando di meritare anche noi quella luce che è necessaria per compiere bene la volontà di Dio.
Ci proporremo allora di conoscere sempre meglio la sua volontà così come ci viene espressa dalla sua Parola, dagli insegnamenti della Chiesa, dai doveri del nostro stato, ecc.
Ma soprattutto punteremo sulla vita, giacché, come si è appena visto, è dalla vita, è dall’amore che scaturisce la vera luce. Gesù si manifesta a chi lo ama, mettendo in pratica i suoi comandamenti (cf Gv 14,21).
Riusciremo così a compiere la volontà di Dio come il dono più bello che gli possiamo offrire. E questo gli sarà gradito non soltanto per l’amore che potrà esprimere, ma anche per la luce ed i frutti di rinnovamento cristiano che susciterà attorno a noi.
Chiara Lubich
domenica 22 maggio 2011
2011: un mese mariano speciale, col beato papa Woytila


Tutto il mondo risuona ancora della gioia e della festa della Chiesa per l'elevazione all'onore degli altari di un papa amatissimo: Karol Woytila, il beato Giovanni Paolo II. Un grande papa, di grande fede e grande spiritualità, che ha fondato la sua forza nella preghiera. Un papa mariano, innamorato di Maria e a Lei totalmente consacrato. Un papa che ha subìto un attentato mortale, il 13 maggio 1981 (festa della Madonna di Fatima), che ha avuta salva la vita per un miracolo della Santissima Vergine, e che ha avuto la forza di perdonare colui che lo avrebbe ucciso: un doppio miracolo d'amore e di perdono! Un papa che ha pubblicamente consacrato tutta la Chiesa al Cuore Immacolato di Maria con un atto di affidamento contenente le seguenti stupende parole:
"Accogli, o Madre di Cristo, questo grido carico della sofferenza di tutti gli uomini! Carico della sofferenza di intere società! Aiutaci con la forza dello Spirito Santo a vincere tutti i peccati: il peccato dell’uomo e il “peccato del mondo”, infine il peccato in tutte le sue manifestazioni. Che si riveli, ancora una volta, nella storia del mondo l’infinita potenza salvifica della Redenzione: la forza infinita dell’Amore misericordioso! Che esso fermi il male! Che esso trasformi le coscienze! Che si manifesti per tutti, nel Tuo Cuore Immacolato, la luce della Speranza!"
mercoledì 18 maggio 2011
Al beato Giovanni Paolo II

mercoledì 4 maggio 2011
... Che ne pensa la redazione?
Alcuni amici del nostro blog ci hanno chiesto di esprimere un pensiero riguardante la morte di Bin Laden. Non è consuetudine del blog commentare gli eventi di cronaca, se non eccezionalmente: accettiamo oggi l'invito, riproducendo semplicemente le opinioni più autorevoli apparse sulla stampa e che noi condividiamo in pieno.
Enzo Bianchi, “Ma fare festa è sbagliato” (La Stampa, 3 maggio 2011)
“Giustizia è fatta!” ha proclamato il presidente degli Stati Uniti nell’annunciare al suo paese e al mondo che Osama Bin Laden è stato ucciso. Confesso che i sentimenti che mi abitano come cristiano e come cittadino di un paese che non contempla nel proprio ordinamento la pena di morte sono contrastati. Da un lato c’è la soddisfazione legata alla uscita di scena di una persona che, per sua stessa ammissione, ha seminato morte e odio, ha avvelenato la comprensione della religione, usandola come droga per esaltare la violenza, ha inquinato mortalmente la convivenza civile e i rapporti sociali, a livello locale e planetario.
D’altro canto il vangelo, ma anche la mia coscienza umana, non mi autorizzano a rallegrarmi per la morte di un essere umano, fosse anche il più malvagio sulla terra, fosse anche il nemico mortale che ha attentato alla vita delle persone più care. Non si tratta di evocare l’esortazione cristiana al perdono – argomento su cui a lungo si è riflettuto dopo l’epifania del male assoluto nei campi di sterminio nazisti – ma di riconoscere con gravità e amarezza che la morte di una persona non è mai motivo di gioia: forse di sollievo, perché ormai quel malvagio non potrà più nuocere, anche se il seme dell’odio gettato non smette per questo di crescere; forse è fonte di appagamento di quel desiderio di vendetta che abbiamo vergogna di confessare e che ci affrettiamo a nobilitare con il termine di giustizia; forse è occasione di rinnovato rimpianto per le vittime della violenza omicida e per non aver saputo fermare prima quello strumento di morte. Ma gioia no, quella non l’ho sentita nascere in me nell’apprendere la notizia dell’uccisione di Bin Laden e non vorrei vederla sul volto di un altro uomo, un uomo come me, un uomo come lo era Bin Laden. Come cristiano penso a Bin Laden ora in giudizio davanti a Dio: quel Dio il cui nome ha bestemmiato per seminare morte e predicare la guerra, quel Dio creatore degli uomini e protettore della vita cui ha dato un volto perverso e mortifero.
E mi è anche difficile fare mie le parole del presidente Obama: “Giustizia è fatta!”. E non perché ritenga che l’unica giustizia sia quella divina, che il giudizio autentico sia solo quello che ci attende tutti al cospetto di Dio. Ma perché rimango convinto che ogni essere umano è e resta più grande delle sue colpe, anche quando queste sono spropositate. D’altronde anche la rivelazione biblica e cristiana afferma riguardo all’immagine di Dio impressa in ogni essere umano: l’omicida può smarrire la somiglianza con Dio, ma non può perdere quell’immagine che Dio stesso ha voluto consegnare a ogni creatura umana, Caino compreso.
Ma anche della giustizia umana ho un concetto che non mi consente di vederla realizzata nell’uccisione mirata di un pluriassassino: la cattura, il giusto processo, la messa in condizione di non nuocere di un criminale non richiedono necessariamente la sua soppressione fisica e non traggono da questa maggiore autorevolezza o efficacia. Sopprimere l’ingiusto non è ancora fare giustizia: perché giustizia, anche umana, sia fatta, a ciascuno di noi resta un compito che nessuna arma né squadra speciale può svolgere per conto nostro. Resta la vicinanza e la solidarietà con i parenti delle vittime della sua barbarie umana, resta il contrastare nel quotidiano le energie di morte che l’assassino ha scatenato, resta la ricostruzione di un tessuto umano e sociale vivibile, resta il rifiuto di rispondere al male con il male, resta la costruzione della pace con gli strumenti della pace, resta di proseguire tenacemente nell’operare ciò che è giusto. Davvero non basta che un malvagio sia annientato perché giustizia sia fatta.
Pasquale Ferrara, Non è ancora finita (Città nuova on line, 2 maggio 2011)
L’annuncio della fine del capo di Al Qaeda non vuol dire che il terrorismo di matrice islamista sia stato sconfitto definitivamente. Fuori luogo esultare per la morte di un uomo.
L’uccisione di Osama Bin laden è un duro colpo ad Al Qaeda, ma non rappresenta certo la sconfitta definitiva del terrorismo transnazionale che fa capo a tale organizzazione. Nel corso del decennio successivo agli attentati dell’11 settembre 2001, Al Qaeda si è trasformata, è diventata un network di piccole cellule sparse sul globo, che fanno un uso spregiudicato di Internet. Il modello “occidentale” è quello del franchising. Si conferma, inoltre, quello che molti analisti e commentatori hanno sempre pensato, e cioè che la vasta area compresa tra i confini di Pakistan e Afghanistan (al di qua e al di là della famosa Durand line), è un territorio di coltura del terrorismo islamista e ove si compie la saldatura tra alcune frange dei talebani e Al Qaeda. Come dire che le chiavi della stabilità e della transizione politica in Afghanistan stanno in Pakistan.
L’uccisione di Bin laden avrà ripercussioni profonde a livello globale. Da una parte, essa indubbiamente “scoraggia” le formazioni islamiste dedite al terrorismo (una sparuta e deleteria minoranza in tutto il vasto mondo islamico), dall’altro potrebbe fungere – ma speriamo non accada – da ulteriore elemento di polarizzazione e radicalizzazione contro l’Occidente. Dal punto di vista statunitense, è una vittoria di Obama. Qualcuno potrebbe cinicamente ritenere che si tratta di un enorme e insperato aiuto alla campagna per la sua rielezione alla Casa Bianca. Ma Obama ha fatto bene, nelle ore successive all’incursione in Pakistan, ad evitare toni eccessivamente trionfalistici e a ribadire che l’America non è contro l’Islam, bensì contro le centrali del terrorismo internazionale.
Non aiutano, tuttavia, le scene di giubilo che si sono viste nelle strade americane. Si comprende il dolore immenso dei familiari delle vittime dell’11 settembre, ma non bisogna oltrepassare il fragile confine tra la giustizia e la vendetta. La morte di un uomo, per quanto efferati i crimini commessi, non può mai essere motivo di celebrazione.
domenica 1 maggio 2011
PAROLA DI VITA - MAGGIO 2011
Il dibattito su quale fosse il primo tra i tanti comandamenti delle Scritture era un tema classico che le scuole rabbiniche si ponevano al tempo di Gesù. Gesù, considerato un maestro, non elude la domanda che gli viene posta in proposito: "Qual è il più grande comandamento della legge?". Egli risponde in maniera originale, unendo amore di Dio e amore del prossimo. I suoi discepoli non possono mai disgiungere questi due amori, come in un albero non si possono separare le radici dalla chioma: più amano Dio, più intensificano l’amore ai fratelli e alle sorelle; più amano i fratelli e le sorelle, più approfondiscono l’amore per Dio.
Gesù sa, come nessun altro, chi è veramente il Dio che dobbiamo amare e sa come debba essere amato: è il Padre suo e Padre nostro, Dio suo e Dio nostro (cf Gv 20,17). È un Dio che ama ciascuno personalmente; ama me, ama te: è il mio Dio, il tuo Dio (“Amerai il Signore Dio tuo”).
E noi possiamo amarlo perché ci ha amato per primo: l’amore che ci è comandato è, dunque, una risposta all’Amore. Possiamo rivolgerci a Lui con la stessa confidenza e fiducia che aveva Gesù quando lo chiamava Abbà, Padre. Anche noi, come Gesù, possiamo parlare spesso con Lui, esponendogli tutte le nostre necessità, i propositi, i progetti, ridicendogli il nostro amore esclusivo. Anche noi vogliamo attendere con impazienza che arrivi il momento per metterci in contatto profondo con Lui mediante la preghiera, che è dialogo, comunione, intenso rapporto d’amicizia. In quei momenti possiamo dare sfogo al nostro amore: adorarlo al di là del creato, glorificarlo presente ovunque nell’universo intero, lodarlo nel fondo del nostro cuore o vivo nei tabernacoli, pensarlo lì dove siamo, nella stanza, al lavoro, nell’ufficio, mentre ci troviamo con gli altri…
"Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente."
Gesù ci insegna anche un altro modo d’amare il Signore Dio. Per Gesù amare ha significato compiere la volontà del Padre, mettendo a disposizione la mente, il cuore, le energie, la vita stessa: si è dato tutto al progetto che il Padre aveva su di Lui. Il Vangelo ce lo mostra sempre e totalmente rivolto verso il Padre (cf Gv 1,18), sempre nel Padre, sempre intento a dire solo quello che aveva udito dal Padre, a compiere solo quanto il Padre gli aveva detto di fare. Anche a noi chiede lo stesso: amare significa fare la volontà dell’Amato, senza mezze misure, con tutto il nostro essere: “con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Perché l’amore non è un sentimento soltanto. “Perché mi chiamate: Signore, Signore, e poi non fate ciò che dico?” (Lc 6,46), domanda Gesù a chi ama soltanto a parole.
"Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente.”
Come vivere allora questo comando di Gesù? Intrattenendo senz'altro con Dio un rapporto filiale e di amicizia, ma soprattutto facendo quello che Lui vuole. Il nostro atteggiamento verso Dio, come quello di Gesù, sarà essere sempre rivolti verso il Padre, in ascolto di Lui, in obbedienza, per compiere la sua opera, solo quella e non altro.
Ci è chiesta, in questo, la più grande radicalità, perché a Dio non si può dare meno di tutto: tutto il cuore, tutta l’anima, tutta la mente. E ciò significa fare bene, per intero, quell’azione che Lui ci chiede.
Per vivere la sua volontà e uniformarsi ad essa, spesso occorrerà bruciare la nostra, sacrificando tutto ciò che abbiamo in cuore o nella mente, che non riguarda il presente. Può essere un’idea, un sentimento, un pensiero, un desiderio, un ricordo, una cosa, una persona…
E così eccoci tutti lì in quanto ci viene domandato nell’attimo presente. Parlare, telefonare, ascoltare, aiutare, studiare, pregare, mangiare, dormire, vivere la sua volontà senza divagare; fare azioni intere, pulite, perfette, con tutto il cuore, l’anima, la mente; avere come unico movente di ogni nostra azione l’amore, così da poter dire, in ogni momento della giornata: “Sì, mio Dio, in quest’attimo, in quest’azione t’ho amato con tutto il cuore, con tutta me stessa”. Solo così potremo dire che amiamo Dio, che contraccambiamo il suo essere Amore nei nostri confronti.
"Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente.”
Per vivere questa Parola di vita sarà utile, di tempo in tempo, analizzare noi stessi per vedere se Dio è veramente al primo posto nella nostra anima.
E allora, per concludere, cosa dobbiamo fare in questo mese? Scegliere nuovamente Dio come unico ideale, come il tutto della nostra vita, rimettendolo al primo posto, vivendo con perfezione la sua volontà nell’attimo presente. Dobbiamo potergli dire con sincerità: “Mio Dio e mio tutto”, “Ti amo”, “Sono tutta tua”, “Sei Dio, sei il mio Dio, il nostro Dio d’amore infinito!”.
martedì 26 aprile 2011
PROGRAMMA FESTA DEL PATROCINIO DI S. LUCIA 2011

domenica 24 aprile 2011
LUNEDI DI PASQUA: TRADIZIONALE ESPOSIZIONE DI S. LUCIA
Siracusa, 22 aprile 2011
ALLELUIA! CRISTO, NOSTRA SPERANZA, E' RISORTO!
venerdì 15 aprile 2011
La nuova preghiera dei Siracusani a S. Lucia - commento III parte

La nuova preghiera a S. Lucia che la redazione del nostro blog è stata lieta di pubblicare in anteprima assoluta, è frutto della meditazione della Sacra Scrittura, nella quale è possibile ascoltare la Parola di Dio e apprendere la Divina Rivelazione dell'intera economia della salvezza, cioè della sublime e realissima storia d'amore tra Dio e il Suo amatissimo popolo di figli. Così come nella Santissima Eucaristia è realmente presente Gesù in tutto il Suo immacolato Corpo, il Suo preziosissimo Sangue, la Sua Anima e la Sua Divinità, anche in ciascuna Parola di Dio c'è la presenza reale di Gesù Cristo, il Figlio del Dio Altissimo, l'Eterno Verbo (Parola) del Padre. Poiché chi ignora le Scritture, dunque, ignora Cristo - secondo una celebre espressione di uno dei sommi appassionati della Bibbia, San Girolamo - è indispensabile per ciascuno e per tutti i cristiani leggere, meditare, pregare e contemplare la Parola di Dio, ruminarla un frammento alla volta per tutto il giorno, metterla in pratica, condividerne con i fratelli la risonanza nella nostra anima e le esperienze della sua realizzazione concreta nella nostra vita.
Questa nuova orazione luciana, poi, è frutto della devota lettura spirituale della vita di S. Lucia: noi amiamo S. Lucia, e chi ama davvero vuole conoscere in profondità la persona amata, quindi il vero devoto di S. Lucia avverte in modo insopprimibile l’esigenza di attingere alle fonti agiografiche che ci tramandano le gesta eroiche e virtuose della nostra santa, per poter imitarLa nella Sua esemplare testimonianza di autentica vita cristiana.
Lectio divina e lectio spiritualis, quindi, sono due utilissimi strumenti di solido nutrimento spirituale, imprescindibile per ogni cristiano, come due ali che ci permettono di volare davvero in alto, come una sorgente d’acqua pura alla quale ricorrere quotidianamente per saziare la nostra sete del Divino che abita in noi.
La preghiera qui pubblicata, infine, è trinitaria: in ciascuna delle sue tre parti, infatti, è menzionata una delle Tre Divine Persone, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. La devozione a Lucia è una via che deve riconfermarci nell’unica vera fede nell’unico vero Dio, la Santissima Trinità, la sola alla Quale va tutta la nostra adorazione, lode e gloria, ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen.
giovedì 14 aprile 2011
La nuova preghiera dei Siracusani a S. Lucia - commento II parte

La terza parte inizia con una citazione letterale del riferimento a S. Lucia contenuto nel bellissimo saluto alla città pronunciato dal papa Giovanni Paolo II, prossimo Beato, in visita a Siracusa il 5 novembre 1994: «La vostra terra, fecondata dal sangue dei martiri, ha conosciuto messi rigogliose di vita cristiana. Testimonianza intrepida di fedeltà a Cristo è stata quella offerta dalla gloriosa e amata Santa Lucia, martire del IV secolo, venerata in tutto il mondo cristiano. Il 13 dicembre, durante l’Avvento, sempre si celebra la memoria obbligatoria di S. Lucia. Possa il suo esempio generoso, unito a quello di innumerevoli credenti di ogni epoca, suscitare una nuova fioritura di fervore religioso e di impegno civile, affinché con la collaborazione di tutti siano superate le difficoltà oggi incombenti».
Segue una sintesi del virtuoso ed eroico esempio della nostra santa nella sequela Christi, in cui s’intrecciano nuovamente echi dalla Sacra Scrittura e dagli Atti del martirio. Lucia, che sin da fanciulla consacrò tutta la propria vita a Dio, con tutta probabilità entrando ufficialmente - sotto la paterna guida del proprio vescovo - nell’antico Ordo virginum, la più antica forma di vita consacrata femminile, sorta già in età apostolica. Nel II secolo, ad esempio, ne parla S. Ignazio di Antiochia (Ad Smyrnaeos 13,1), ma essa fu istituzionalizzata soltanto nel IV secolo, cioè proprio quello in cui Lucia subì il martirio, quando l’ingresso nell’Ordo iniziò a essere celebrato pubblicamente con un rito di consacrazione e imposizione del velo dalle mani del vescovo. È per noi rilevante una precisazione di S. Ambrogio (De virginitate 39), secondo la quale la vergine consacrata doveva rimanere legata alla tutela della propria madre, condizione effettivamente verificatasi nel caso della nobile fanciulla siracusana.
Lucia incarnò con radicalità i consigli evangelici di povertà, castità e obbedienza. Ella infatti, mettendo in pratica alla lettera l’esortazione di Gesù «Vendi tutto, dàllo ai poveri, poi vieni e seguimi» (cf Mt 19,21; Mc 10,21; Lc 18,22), da ricca che era si fece povera, donando tutti i suoi beni ai bisognosi.
Visse la castità, come dimostrano sia le parole dell’apparizione di S. Agata che la scelta della perpetua verginità e la risoluta dichiarazione rilasciata durante il processo «Il mio corpo non ha tollerato impurità», nonché i suoi richiami paolini sull’immoralità corruttrice (cf 1Cor 15,33: «Le cattive compagnie corrompono i buoni costumi»; 2Ts 2,3: «Prima infatti dovrà avvenire l’apostasia e dovrà esser rivelato l’uomo iniquo, il figlio della perdizione»; 1Tm 6,9: «Coloro che vogliono arricchire cadono nella tentazione, nel laccio del diavolo e in molte bramosie insensate e funeste, che fanno affogare gli uomini in rovina e perdizione») e sulla fede nell’inabitazione dello Spirito Santo (cf 1Cor 3,16-17: «Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio che siete voi»).
La volontà poi di nulla anteporre all’obbedienza verso Dio, fino alla morte, a imitazione di Cristo stesso (cf Fil 2,8: «(Cristo) umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di Croce»), fu espressa da Lucia nella sua replica al prefetto Pascasio «Tu obbedisci agli imperatori, e io come potrei disobbedire al mio Dio?», in quanto ella sapeva bene che la sottomissione all’autorità costituita, pur raccomandata da S. Paolo (cf Rm 13,1: «Ciascuno stia sottomesso alle autorità costituite; poiché non c’è autorità se non da Dio e quelle che esistono sono stabilite da Dio»; Tt 3,1: «Ricorda loro di esser sottomessi ai magistrati e alle autorità, di obbedire, di essere pronti per ogni opera buona»), deve essere accettata in tutto fuorché nel peccato.
L’orazione si conclude con il proposito di eseguire i comandamenti del Signore, ancora una volta citando alla lettera gli Atti di Lucia, in questo caso le sue ultimissime parole prima di morire, il Suo vero e proprio testamento spirituale lasciato in eredità ai Suoi concittadini e devoti d’ogni tempo, vero paradigma per un’autentica devozione alla nostra Patrona: «Voi onorerete me, per grazia del Signore nostro Gesù Cristo, osservando di cuore i Suoi comandamenti».
La nuova preghiera dei Siracusani a S. Lucia - commento I parte

Il 20 dicembre 2010 - Ottava di S. Lucia - un giovane devoto siracusano, per grazia ricevuta, ha composto il testo di una nuova Orazione a S. Lucia Vergine e Martire Siracusana, quale pubblico e riconoscente omaggio alla taumaturga protettrice, che da oltre 17 secoli non si stanca di ascoltare le preghiere dei Suoi diletti concittadini e devoti, intercedendo costantemente per loro presso il Signore. Mons. Salvatore Pappalardo, arcivescovo metropolita di Siracusa, ne ha letto e valutato il testo, approvandone anche la prossima pubblicazione all'interno della rivista siracusana Con Lucia a Cristo, sul numero che uscirà in concomitanza con la Festa del Patrocinio di S. Lucia (prima domenica di maggio).
Questa nuova orazione è costituita da tre lodi unite ad altrettante invocazioni alla megalomartire siracusana. La tecnica compositiva adottata si rifà allo stile dell’eucologia cristiana più antica, riscontrabile particolarmente nell’innografia bizantina d’età patristica, che predilige parafrasare in chiave poetica e intrecciare fra loro i testi biblici e agiografici proclamati nell’ufficiatura, anziché elaborare concetti originali: similmente, le parole della nuova orazione si ispirano quasi esclusivamente alla Sacra Scrittura e ai documenti storici luciani più autentici, cioè gli Atti del martirio di S. Lucia, pervenuti fino a noi in due antiche redazioni, una greca e una latina.
Nella prima parte si può facilmente riconoscere un calco diretto del messaggio celeste che S. Agata rivolse a S. Lucia quando le apparve a Catania, il 5 febbraio 301, in occasione del pellegrinaggio per impetrare la guarigione di Eutichia, la madre di Lucia: «Sorella mia Lucia, vergine consacrata a Dio, perché chiedi a me ciò che tu stessa puoi ottenere per tua madre? Ecco che per la tua fede ella è già guarita. E come per me è stata beneficata la città di Catania, così per te sarà salvata la città di Siracusa, per grazia del Signore nostro Gesù Cristo, poiché hai serbata illibata la tua verginità».
La seconda parte, tutta dedicata al tema della luce evocato dal nome stesso della nostra patrona, è costruita come un libero centone di passi scritturistici e agiografici, tratti dal S. Vangelo (cf Mt 5,16: «Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché essi vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli»), dal salterio (cf Sal 118,105: «Lampada per i miei passi è la Tua Parola, luce sul mio cammino»), ancora dagli Atti luciani («Io pregherò il Signore nostro Gesù Cristo affinché questo rogo non s’impadronisca di me; avendo fede nella Croce di Cristo, ti dimostrerò che ho ottenuto un prolungamento della mia lotta, per dare ai credenti il coraggio del martirio e togliere ai non credenti la cecità del loro orgoglio») e infine dalla celebre epigrafe greca di Euskia («Euskia la irreprensibile, vissuta buona e pura per circa 25 anni, morì nella festa della mia S. Lucia, per la quale non vi è elogio condegno; fu cristiana fedele, perfetta, grata al suo marito di molta gratitudine», sec. IV-V; rinvenuta il 22 giugno 1894 a Siracusa nelle catacombe di S. Giovanni dal prof. Paolo Orsi, com’è noto, oggi è conservata nel museo archeologico della città, intitolato allo stesso archeologo trentino). [continua]
mercoledì 13 aprile 2011
LA PREGHIERA DEL MESE - APRILE 2011 "SPECIALE - INEDITO"

Orazione a Santa Lucia vergine e martire siracusana
Sorella nostra Lucia, vergine consacrata a Dio, per la Tua fede Tua madre fu guarita, per il Tuo patrocinio noi tutti abbiamo ottenuto da Dio innumerevoli grazie, per Te la città di Siracusa è stata custodita dal Signore Gesù Cristo. Ti magnifichiamo, Ti ringraziamo e Ti supplichiamo di continuare sempre a proteggerci.
Signora nostra Lucia, per la quale non vi è elogio condegno, risplende la Tua luce davanti a noi, che vedendo le Tue opere buone rendiamo gloria al Padre nostro che è nei cieli. Illumina la nostra ombrosa vita con la lucerna del Tuo esempio di santità, liberaci dalla cecità del nostro orgoglio, accendi in noi il lume della fede, mostraci la Parola di Dio quale lampada per i nostri passi e luce sul nostro cammino.
Gloriosa e amata martire Lucia, venerata in tutto il mondo cristiano, testimonianza intrepida di fedeltà a Cristo, povero, casto e obbediente fino alla morte di croce, hai donato tutti i Tuoi beni ai poveri, sei stata casto tempio dello Spirito Santo, hai scelto di obbedire a Dio fino al martirio. Prega per noi: noi sempre onoreremo Te, per grazia del Signore nostro Gesù Cristo, osservando di cuore i Suoi comandamenti. Amen.
venerdì 1 aprile 2011
PAROLA DI VITA - APRILE 2011
Gesù è nell’orto degli ulivi, il podere chiamato Getsemani. L’ora tanto attesa è arrivata. È il momento cruciale di tutta la sua esistenza. Si prostra a terra e supplica Dio, chiamandolo “Padre” con confidente tenerezza, perché gli risparmi di “bere il calice”, un’espressione che si riferisce alla sua passione e morte. Lo prega che quell’ora passi… Ma alla fine Gesù si rimette completamente alla sua volontà:
“Non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu”.
Gesù sa che la sua passione non è un evento fortuito, né semplicemente una decisione degli uomini, ma un disegno di Dio. Sarà processato e rifiutato dagli uomini, ma il “calice” viene dalle mani di Dio.
Gesù ci insegna che il Padre ha un suo disegno d’amore su ciascuno di noi, ci ama di amore personale e, se crediamo a questo amore e se corrispondiamo col nostro amore – ecco la condizione -, egli fa finalizzare ogni cosa al bene. Per Gesù nulla è successo a caso, neppure la passione e la morte.
E poi ci fu la Risurrezione, la cui solenne festa celebriamo in questo mese.
L’esempio di Gesù, Risorto, deve essere di luce per la nostra vita. Tutto quanto arriva, quanto succede, quello che ci circonda e anche tutto quanto ci fa soffrire dobbiamo saperlo leggere come volontà di Dio che ci ama o una permissione di lui che ancora ci ama. Allora tutto avrà senso nella vita, tutto sarà estremamente utile, anche quello che sul momento ci pare incomprensibile e assurdo, anche quello che, come per Gesù, può farci piombare in un’angoscia mortale. Basterà che, insieme a lui, sappiamo ripetere, con un atto di totale fiducia nell’amore del Padre:
“Non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu”.
La sua volontà è vivere, ringraziarlo con gioia dei doni della vita, ma a volte non è certamente quella che si pensa: un obiettivo di fronte al quale rassegnarsi, specie quando ci si imbatte nel dolore, né un susseguirsi di atti monotoni disseminati nella nostra esistenza.
La volontà di Dio è la sua voce che continuamente ci parla e ci invita, è il modo con cui egli ci esprime il suo amore, per darci la sua pienezza di Vita.
Potremmo rappresentarcela con l’immagine del sole i cui raggi sono come la sua volontà su ciascuno di noi. Ognuno cammina su un raggio, distinto dal raggio di chi ci è accanto, ma pur sempre su un raggio di sole, cioè sulla volontà di Dio. Tutti, dunque, facciamo una sola volontà, quella di Dio, ma per ognuno essa è diversa. I raggi poi, quanto più si avvicinano al sole, tanto più si avvicinano tra di loro. Anche noi, quanto più ci avviciniamo a Dio, con l’adempimento sempre più perfetto della divina volontà, tanto più ci avviciniamo fra noi… finché tutti saremo uno.
Vivendo così, nella nostra vita ogni cosa può cambiare. Anziché andare da chi piace a noi e amare solo quelli, possiamo avvicinare tutti coloro che la volontà di Dio ci mette accanto. Anziché preferire le cose che più ci piacciono, possiamo attendere a quelle che la volontà di Dio ci suggerisce e preferirle. L’essere tutti proiettati nella divina volontà di quell’attimo (“ciò che vuoi tu”) ci porterà di conseguenza al distacco da tutte le cose e dal nostro io (“non ciò che io voglio”), distacco non tanto cercato di proposito, perché si cerca Dio solo, ma trovato di fatto. Allora la gioia sarà piena. Basta inabissarci nel momento che passa ed adempiere in quell’attimo la volontà di Dio, ripetendo:
“Non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu”.
Il momento passato non è più; quello futuro non è ancora in nostro possesso. È come un viaggiatore in treno: per arrivare alla mèta non cammina avanti e indietro, ma sta seduto al suo posto. Così dobbiamo star fermi nel presente. Il treno del tempo cammina da sé. Dio lo possiamo amare soltanto nel presente che ci è dato, pronunciando il proprio “sì” fortissimo, totalitario, attivissimo alla sua volontà.
Amiamo dunque quel sorriso da donare, quel lavoro da svolgere, quella macchina da guidare, quel pasto da preparare, quell’attività da organizzare, chi soffre accanto a noi.
Neppure la prova o il dolore deve farci paura se, con Gesù, sapremo riconoscervi la volontà Dio, ossia il suo amore per ognuno di noi. Anzi, potremo pregare così:
“Signore, dammi di non temere nulla, perché tutto ciò che succederà non sarà che la tua volontà! Signore, dammi di non desiderare nulla, perché niente è più desiderabile che la tua sola volontà.
Che importa nella vita? La tua volontà importa.
Dammi di non sgomentarmi di nulla, perché in tutto è la tua volontà. Dammi di non esaltarmi di nulla, perché tutto è tua volontà”.
Chiara Lubich