(Domenico Macacaro, Gloria di S. Lucia, chiesa di S. Lucia Extra in Verona)
Rinnovando i nostri auguri agli amici veronesi devoti di S. Lucia, che domani sera celebreranno la memoria giubilare di una pagina tutta veronese della storia del Suo patrocinio, riportiamo un documento raro e prezioso: il settecentesco resoconto del miracolo luciano di Verona inserito dal conte siracusano Cesare Gaetani della Torre nelle sue Memorie intorno al martirio e culto di S. Lucia V. e M. Siracusana, pubblicate postume a Siracusa (dal tipografo Francesco Miuccio) nel 1879 a cura di Pasquale Fugali (che ne conservava l’inedito manoscritto).
Al medesimo episodio storico è dedicata la cronaca latina Miraculum Veronae factum an. 1308 contenuta nei SS. episcoporum Veron. antiqua monumenta stampati a Venezia nel 1576, oltre che la trattazione (sempre in latino) riportata nelle celebri Vitae Sanctorum Siculorum del gesuita siracusano Ottavio Gaetani (zio di Cesare), pubblicate a Palermo nel 1657 (Bibliotheca Hagiographica Latina 5001).
Alle pagine 83 e 84 del volume contenente le Memorie di Cesare Gaetani, a mo' di esempio della potente intercessione di S. Lucia e a testimonianza della diffusione del Suo culto, si legge:
Vaglia, per quante se ne possono narrare, la guarigione di un ulcere ottenuta nel 1308 in Verona da Pace Drappieri. Avea costui una piaga sì puzzolente e verminosa nella gamba sinistra, che da piè al ginocchio nudi e spolpati appareangli lo stinco e i nervi corrispondenti con tanti e tali dolori, che la morte desiderava anziché tirare avanti in quello stato. Disperatasi dai Medici la sua salute, si dubitava, che diramandosi più in su il male, evidente fosse il pericolo di restarvi vittima. Onde si pensò di venire agli ultimi rimedi del ferro e del fuoco. Confusesi a tale annunzio il paziente e nella notte precedente al taglio della gamba, che si era stabilito di fare, comeché divotissimo egli era della nostra gran V. e M. S. Lucia, a Lei si rivolse per aiuto e medicina al suo male, e le promise, che ottenendo senza quella operazione la salute e la vita, avrebbe tutte impiegate le sue facoltà nella riedificazione dell’antico di lei diroccato Monastero, e che avendo prole avrebbe anche questa dedicato al di lei sacro culto. In queste preghiere accompagnate da lagrime dirotte, e da infocati sospiri addormentossi, e parvegli di vedere la Santa Martire comecché venuta a consolarlo, e assicurarlo della grazia da lei impetratagli dalla divina misericordia. Svegliossi a tal novella, e trovandosi perfettamente guarito con grande stupore de’ parenti, de’ medici e di quanti accorsero a quello spettacolo, pose in terra i piè, e corse a render le grazie alla sua Benefattrice. Memore poi del voto, fe’ con l’approvazione di Monsignor Teobaldo, Vescovo allora di quella città, gettar le fondamenta del nuovo Monastero, che fra i plausi de’ Mandovani e de’ Vicentini accorsi a quella novità crebbe tantosto, e fu abitato non pur dalla di lui figliuola Lucia, natagli dopo guarito e giunta[vi] appena all’età di anni sette, ma da altre zitelle sotto la disciplina della Madre Elena Aleandi, statavi appostamente trasportata con altre due Moniali dell’istesso suo Monastero di S. Giovambattista di Zemola nella Diocesi di Padova non senza l’espresso consentimento del suo Prelato. Un tal Monastero, che ripigliò il pristino sovranome di S. Lucia, comecché situato fuor di città, corse nel 1517 l’istessa sorte de’ suburbi di Verona, e fu diroccato per tórre ai nemici qualunque opportunità di ricovrarvisi, e le religiose furon dal Vescovo trasportate entro le mura della Città, come in luogo men esposto ai danni, che portan seco le guerre: e quivi come si disse, conservansi oggidì le sovranunciate reliquie della Martire Siracusana.
Vaglia, per quante se ne possono narrare, la guarigione di un ulcere ottenuta nel 1308 in Verona da Pace Drappieri. Avea costui una piaga sì puzzolente e verminosa nella gamba sinistra, che da piè al ginocchio nudi e spolpati appareangli lo stinco e i nervi corrispondenti con tanti e tali dolori, che la morte desiderava anziché tirare avanti in quello stato. Disperatasi dai Medici la sua salute, si dubitava, che diramandosi più in su il male, evidente fosse il pericolo di restarvi vittima. Onde si pensò di venire agli ultimi rimedi del ferro e del fuoco. Confusesi a tale annunzio il paziente e nella notte precedente al taglio della gamba, che si era stabilito di fare, comeché divotissimo egli era della nostra gran V. e M. S. Lucia, a Lei si rivolse per aiuto e medicina al suo male, e le promise, che ottenendo senza quella operazione la salute e la vita, avrebbe tutte impiegate le sue facoltà nella riedificazione dell’antico di lei diroccato Monastero, e che avendo prole avrebbe anche questa dedicato al di lei sacro culto. In queste preghiere accompagnate da lagrime dirotte, e da infocati sospiri addormentossi, e parvegli di vedere la Santa Martire comecché venuta a consolarlo, e assicurarlo della grazia da lei impetratagli dalla divina misericordia. Svegliossi a tal novella, e trovandosi perfettamente guarito con grande stupore de’ parenti, de’ medici e di quanti accorsero a quello spettacolo, pose in terra i piè, e corse a render le grazie alla sua Benefattrice. Memore poi del voto, fe’ con l’approvazione di Monsignor Teobaldo, Vescovo allora di quella città, gettar le fondamenta del nuovo Monastero, che fra i plausi de’ Mandovani e de’ Vicentini accorsi a quella novità crebbe tantosto, e fu abitato non pur dalla di lui figliuola Lucia, natagli dopo guarito e giunta[vi] appena all’età di anni sette, ma da altre zitelle sotto la disciplina della Madre Elena Aleandi, statavi appostamente trasportata con altre due Moniali dell’istesso suo Monastero di S. Giovambattista di Zemola nella Diocesi di Padova non senza l’espresso consentimento del suo Prelato. Un tal Monastero, che ripigliò il pristino sovranome di S. Lucia, comecché situato fuor di città, corse nel 1517 l’istessa sorte de’ suburbi di Verona, e fu diroccato per tórre ai nemici qualunque opportunità di ricovrarvisi, e le religiose furon dal Vescovo trasportate entro le mura della Città, come in luogo men esposto ai danni, che portan seco le guerre: e quivi come si disse, conservansi oggidì le sovranunciate reliquie della Martire Siracusana.
3 commenti:
Grazie per le preziose informazioni sul miracolo di Verona, alcune delle quali ci erano sconosciute. La descrizione dello "stupendissimo miracolo" è riportata anche ne "L'Istoria di Verona" edita nel 1594 ma scritta intorno alla metà del secolo da Girolamo Della Corte. Molto importante è anche la poesia/preghiera in latino ritrovata nel Salterio di Suor Sofia, figlia di Pace Drappiere, che descrive la vicenda (ca metà del 1300); di grande interesse è anche il testamento di Pace del 1354, conservato presso l'archivio di stato di Verona. Igino Mengalli
Grazie a Lei, signor Mengalli, per le precisazioni e le delucidazioni sui documenti storici che testimoniano il miracolo. La devozione a S. Lucia unisce città geograficamente lontane come Verona e Siracusa, ma spiritualmente vicinissime. Complimenti per tutto ciò che fate per tramandare il culto di S. Lucia nella Vostra città!
molto intiresno, grazie
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