martedì 18 marzo 2008

Settimana Santa 2008: seconda meditazione


Da quel fortunato tempo in cui Cristo visse, morì e risuscitò, Egli è divenuto la Via, il modello per ognuno di noi (cf. Is 53, 7 Vulg.). Il cristiano, come Gesù, deve amare il Padre e perciò fare la sua volontà e sottomettersi a Lui. E la volontà di Dio sul cristiano è che arrivi egli pure alla gloria, alla felicità, per il cammino della croce, come Gesù. Ed è Lui stesso che ci insegna come seguirlo. Dice a tutti, infatti: "Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua" (Lc 9, 23). Seguire Gesù è anzitutto rinuncia. E' il rinneghi se stesso, che nel mondo oggi non si vuole comprendere, nell'illusione di un cristianesimo senza difficoltà. Ma la dottrina di Gesù è chiara e forte: altro che assenza di freni morali! Dice Paolo: "Mortificate dunque quella parte di voi che appartiene alla terra: fornicazione, impurità, passioni, desideri cattivi e quell'avarizia insaziabile che è idolatria" (Col 3, 5), perché aspirare alle cose terrene è condursi "da nemici della croce di Cristo" (Fil 3, 18). Seguire Gesù vuol dire anche prendere la propria croce ogni giorno. Gesù allude al dolore di ogni giornata: vanno accettate tutte le piccole sofferenze quotidiane. Avendoci detto di prendere la nostra croce, ha dato senso e valore anche al nostro patire. Ricordo qui quanto fu grande la mia impressione a Gerusalemme, quando sul Calvario ci mostrarono il foro dove fu piantata la croce di Gesù: ginocchia a terra, annientata quasi in una adorante riconoscenza, mi è venuto un solo pensiero: se non ci fosse stata questa croce, tutti i nostri dolori, i dolori di tutti gli uomini non avrebbero avuto un nome. Ma: "Cristo non mostra soltanto la dignità del dolore - dice Paolo VI -. Egli lancia la vocazione al dolore... chiama il dolore (anche il nostro) a uscire dalla sua disperata inutilità e a diventare, se unito al suo, fonte positiva di bene". (Chiara Lubich, Il grido, Città nuova, Roma 2000, pp. 14-15)

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