martedì 1 giugno 2010

PAROLA DI VITA - GIUGNO 2010

Un fatto vero. Siracusa, processione di Santa Lucia: due ragazze, al passaggio del simulacro, fissando lo sguardo sul volto della Patrona loro coetanea e concittadina, si confidano l'un l'altra "Certo, che esempio che ha dato Lucia: chi oggi, tra i giovani e le giovani della nostra età, sarebbe capace di fare come Lei?". Sì, come disse bene mons. Giuseppe Costanzo, nostro arcivescovo emerito, nel toccante discorso pronunciato il 22 dicembre 2004, in occasione della partenza del Corpo della Martire per Venezia, Lucia è una "gigante della santità, noi nani". Ma, giacché come devoti luciani dobbiamo mantenere viva la tensione ad imitarLa e cercare sempre più di seguire il Suo luminoso esempio, nonostante la nostra inadeguatezza, non possiamo arrenderci e autocommiserarci: la Parola che meditiamo in questo mese ci sprona a puntare in alto, verso il glorioso traguardo raggiunto da Lucia, che ha saputo "perdere" per Cristo la propria vita terrena, per ritrovare quella vera in Lui, quale regina in Cielo. Chissà quante volte Lucia, che era assidua nel meditare le Sacre Scritture, avrà trovato forza in questa frase di Gesù, fino a farne il segreto vincente nel momento supremo della Sua testimonianza d'amore verso il Suo Sposo: il martirio. A noi la chiamata a rispondere con lo stesso amore.

«Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà» (Mt 10,39).

Leggendo questa Parola di Gesù vengono in rilievo due tipi di vita: la vita terrena che si costruisce in questo mondo, e la vita soprannaturale data da Dio, attraverso Gesù, vita che non finisce con la morte e che nessuno può togliere.

Di fronte all’esistenza, allora, si possono avere due atteggiamenti: o attaccarsi alla vita terrena, considerandola come l’unico bene, e saremo portati a pensare a noi stessi, alle nostre cose, alle creature; ci chiuderemo nel nostro guscio, affermando solo il proprio io, e troveremo come conclusione alla fine, inevitabilmente, solo la morte. Oppure, diversamente, credendo che abbiamo ricevuto da Dio un’esistenza ben più profonda e autentica, avremo il coraggio di vivere in modo da meritare questo dono fino al punto di saper sacrificare la nostra vita terrena per l’altra.

«Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà».

Quando Gesù ha detto queste parole pensava al martirio. Noi, come ogni cristiano, dobbiamo essere pronti, per seguire il Maestro e rimanere fedeli al Vangelo, a perdere la nostra vita, morendo – se necessario – anche di morte violenta, e con la grazia di Dio ci sarà data con ciò la vera vita. Gesù per primo ha “perso la sua vita” e l’ha ottenuta glorificata. Egli ci ha preavvertito di non temere «quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima».

Oggi ci dice:

«Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà».

Se leggi attentamente il Vangelo, vedrai che Gesù torna su questo concetto per ben sei volte. Ciò sta a dimostrare che importanza esso abbia e in quale considerazione Gesù lo tenga.

Ma l’esortazione a perdere la propria vita non è per Gesù soltanto un invito a sostenere anche il martirio. È una legge fondamentale della vita cristiana.

Occorre esser pronti a rinunciare a fare di sé stessi l’ideale della vita, a rinunciare alla nostra indipendenza egoistica. Se vogliamo essere veri cristiani dobbiamo fare di Cristo il centro della nostra esistenza. E cosa Cristo vuole da noi? L’amore per gli altri. Se faremo nostro questo suo programma, avremo certamente perso noi stessi e trovato la vita.

E questo non vivere per sé, non è certamente, come qualcuno può pensare, un atteggiamento rinunciatario e passivo. L’impegno del cristiano è sempre assai grande e il suo senso di responsabilità è totale.

«Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà».

Fin da questa terra si può fare l’esperienza che nel dono di sé stessi, nell’amore vissuto, cresce in noi la vita. Quando avremo speso la nostra giornata al servizio degli altri, quando avremo saputo trasformare il lavoro quotidiano, magari monotono e duro, in un gesto d’amore, proveremo la gioia di sentirci più realizzati.

«Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà».

Seguendo i comandi di Gesù, che sono tutti imperniati sull’amore, dopo questa breve esistenza troveremo anche quella eterna.

Ricordiamo quale sarà il giudizio di Gesù nell’ultimo giorno. Egli dirà a quelli che stanno alla sua destra: «Venite, benedetti... perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare...; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito…».

Per farci partecipi dell’esistenza che non passa, guarderà unicamente se avremo amato il prossimo e riterrà fatto a sé quanto abbiamo fatto ad esso.

Come vivremo allora questa Parola? Come perderemo sin da oggi la nostra vita per trovarla?

Preparandoci al grande e decisivo esame per il quale siamo nati.

Guardiamoci attorno e riempiamo la giornata di atti di amore. Cristo si presenta a noi nei nostri figli, nella moglie, nel marito, nei compagni di lavoro, di partito, di svago, ecc. Facciamo del bene a tutti. E non dimentichiamo quelli di cui veniamo a conoscenza ogni giorno sui giornali o attraverso amici o per mezzo della televisione... Facciamo per tutti qualcosa, secondo le nostre possibilità. E quando quelle ci sembrassero esaurite, potremo ancora pregare per loro. È amore che vale.

1 commento:

Anonimo ha detto...

grazie, dolce santa mia. grazie!