venerdì 10 agosto 2018

ANCORA UN VERO MIRACOLO PER INTERCESSIONE DI S. LUCIA!

Circa una ventina di giorni fa, i Frati Minori che custodiscono il Santo Sepolcro della Martire Siracusana Lucia hanno pubblicato la seguente testimonianza (fonte: www.basilicasantalucia.com).
Rendiamo gloria e lode a Dio Onnipotente e Misericordioso, che si rende sempre mirabile nei Suoi Santi, e che ha concesso per l'intercessione della nostra amatissima Patrona Santa Lucia questo nuovo autentico miracolo (attestato dal parere dei medici). Una nuova pagina storica del patronato di S. Lucia sulla vista e sulla salute degli occhi! Gloria a Dio! Grazie S. Lucia! 

L' 08 Agosto 2017... grandissima emozione! W S. Lucia.

L' 8 Agosto 2017 arriva in Parrocchia una ragazza di nome Alessandra, accompagnata dalla nonna e da alcuni suoi parenti. Vengono da Toronto, Canada per ringraziare il Signore perchè per intercessione di S. Lucia, Alessandra ha riacquistato la vista. Alessandra ha perso tutti e due gli occhi e dopo aver subito un intervento delicatissimo il risultato è stato negativo, per tutta la vita non potrà vedere. Questo hanno detto i medici dopo l'intervento. La nonna, con la sua fede, si rivolge al Signore e per intercessione di S. Lucia chiede la grazia, promettendo che se la nipote avesse riacquistato la vista sarebbero venute qui a Siracusa al Sepolcro per ringraziare il Signore e la nostra amata Santa, portando in dono una tovaglia per l'altare del tempietto dove è custodito il sepolcro.
Bene! oggi tutto questo si è avverato.
Alessandra adesso ci vede ed è venuta qui a ringraziare.
Grazie Signore perchè ancora una volta ci manifesti i segni della tua presenza e della tua protezione. Grazie per averci donato questa nostra sorella, S. Lucia, che ascolta le nostre preghiere e le presenta a Te prendedosi cura di noi. (Fr Daniele C.)
W S.LUCIA!

martedì 1 settembre 2015

"PAROLA DI VITA" (settembre 2015)

«Amerai il tuo prossimo come te stesso» 
(Marco 12, 31)
Ecco una di quelle parole del Vangelo che domandano di essere vissute subito, con immediatezza. È così chiara, limpida – ed esigente – che non richiede tanti commenti. Per cogliere la forza in essa contenuta può essere tuttavia utile ricollocarla nel suo contesto.
Gesù sta rispondendo alla domanda di uno scriba – uno degli studiosi della Bibbia – che gli ha chiesto quale fosse il più grande comandamento. Era una questione aperta, soprattutto da quando nelle Sacre Scritture erano stati individuati 613 precetti da osservare.
Uno dei grandi maestri vissuto pochi anni prima, rabbi Shammaj, si era rifiutato di indicare il comandamento supremo.
Altri invece, come farà poi Gesù, si orientavano già sulla centralità dell’amore.
Rabbi Hillel, ad esempio, affermava: «Non fare al prossimo tutto ciò che è odioso a te; questa è tutta la legge. Il resto è solo spiegazione». [TB, Shab. 31a]
Gesù non soltanto riprende l’insegnamento sulla centralità dell’amore, ma pone insieme, come unico comandamento, l’amore di Dio (cf. Dt 6, 4) e l’amore del prossimo (cf. Lv 19, 18). La risposta che egli dà allo scriba che lo interroga è infatti: «Il primo [comandamento] è: Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. Il secondo è questo: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Non c’è altro comandamento più grande di questi».

«Amerai il tuo prossimo come te stesso»
Questa seconda parte dell’unico comandamento è espressione della prima parte, l’amore di Dio. A Dio sta talmente a cuore ogni sua creatura che per dargli gioia, per dimostrargli a fatti l’amore che abbiamo per lui, non vi è modo migliore che essere l’espressione del suo amore verso tutti. Come i genitori sono contenti quando vedono i loro figli andare d’accordo, aiutarsi, stare uniti, così anche Dio – che verso di noi è come un padre e una madre –, è contento quando vede che amiamo il prossimo come noi stessi, contribuendo così all’unità della famiglia umana.
Già da secoli i Profeti andavano spiegando al popolo d’Israele che Dio vuole l’amore e non i sacrifici e gli olocausti (cf. Os 6, 6). Gesù stesso richiama il loro insegnamento, quando afferma: «Andate a imparare che cosa vuol dire: Misericordia io voglio e non sacrifici» (Mt 9, 13). Come infatti si può amare Dio che non si vede, se non si ama il fratello che si vede? (cf. 1 Gv 4, 20). Lo si ama, lo si serve, lo si onora, nella misura in cui amiamo, serviamo, onoriamo ogni persona, amica o sconosciuta, del nostro o di altri popoli, soprattutto i “piccoli”, i più bisognosi.
È l’invito, rivolto ai cristiani di ogni tempo, a trasformare il culto in vita, ad uscire dalle chiese, dove si è adorato, amato, lodato Dio, per andare incontro agli altri, in modo da attuare quanto si è appreso nella preghiera e nella comunione con Dio.

«Amerai il tuo prossimo come te stesso»
Come vivere dunque questo comando del Signore?
Ci ricordiamo innanzitutto che esso fa parte di un dittico inscindibile, che comprende l’amore di Dio. Occorre darsi il tempo per conoscere cos’è l’amore e come si ama, e quindi occorre fare spazio ai momenti di preghiera, di “contemplazione”, di dialogo con lui: lo si impara da Dio, che è Amore. Non si ruba tempo al prossimo quando si sta con Dio, anzi ci si prepara ad amare in modo sempre più generoso e appropriato. Nello stesso tempo, quando torniamo da Dio dopo aver amato gli altri, la nostra preghiera è più autentica, più vera, e si popola di tutte le persone incontrate, che riportiamo a lui.

Per amare il prossimo come se stessi occorre poi conoscerlo come si conosce se stessi. Dovremmo
giungere ad amare come l’altro vuole essere amato e non come a noi piacerebbe amarlo. Adesso che le nostre società si fanno sempre più multiculturali, con la presenza di persone provenienti da mondi molto diversi, la sfida è ancora più grande. Chi va in un Paese nuovo deve conoscerlo nelle sue tradizioni e nei suoi valori; soltanto così può capire e amare i suoi cittadini. Lo stesso per chi accoglie i nuovi immigrati, spesso spaesati, alle prese con una nuova lingua, con problemi di inserimento.
Le diversità sono presenti all’interno della stessa famiglia, o negli ambiti di lavoro e di vicinato, anche quando sono composti da persone della stessa cultura. A noi piacerebbe trovare qualcuno pronto a dedicare il suo tempo ad ascoltarci, ad aiutarci a preparare un esame, a trovare un posto di lavoro, a riordinare la casa? Forse anche l’altro ha esigenze simili. Dobbiamo saperle intuire, facendoci attenti a lui, ponendoci in ascolto sincero, mettendoci nei suoi stessi panni.
Conta anche la qualità dell’amore. L’apostolo Paolo, nel celebre inno alla carità, enumera alcune sue caratteristiche che non sarà inutile ricordare: essa è paziente, vuole il bene dell’altro, non è invidiosa, non assume atteggiamenti di superiorità, considera l’altro più importante di sé, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta (cf. 1 Cor 13, 4, 7).
Quante occasioni dunque e quante sfumature nel vivere:

«Amerai il tuo prossimo come te stesso»
Possiamo infine ricordare che questa norma dell’esistenza umana è alla base della famosa “regola d’oro” che troviamo in tutte le religioni e nei grandi maestri della stessa cultura “laica”. Potremmo cercare, alle origini della propria tradizione culturale o credo religioso, analoghi inviti ad amare il prossimo e aiutarci a viverli insieme, indù e musulmani, buddhisti e aderenti alle religioni tradizionali, cristiani e uomini e donne di buona volontà.
Dobbiamo lavorare insieme per creare una nuova mentalità che dia valore all’altro, che inculchi il rispetto della persona, la tutela delle minoranze, l’attenzione verso i soggetti più deboli, che decentri dai propri interessi per mettere al primo posto quelli dell’altro.
Se tutti fossimo davvero consapevoli di dover amare il prossimo come noi stessi, fino a non fare all’altro ciò che non vorremmo fosse fatto a noi e che dovremmo fare all’altro ciò che vorremmo che l’altro facesse a noi, cesserebbero le guerre, la corruzione sparirebbe, la fraternità universale non sarebbe più un’utopia, la civiltà dell’amore diventerebbe presto una realtà.

Fabio Ciardi

venerdì 7 agosto 2015

DOMENICA ESPOSIZIONE DEL SIMULACRO DI S. LUCIA!

Carissimi amici,
ritorna - tanto attesa! - la solenne esposizione estiva delle Sacre Reliquie e dell'argenteo simulacro-reliquiario processionale di S. Lucia nella Sua Cappella del Duomo di Siracusa: domenica 9 agosto, ininterrottamente dalle ore 7.30 fino al termine della Santa Messa delle ore 19.
Come sempre, una preziosa opportunità per poter riunirsi in preghiera accostandoci con devozione a venerare le sante spoglie mortali della nostra amatissima Patrona e Concittadina!
Sarausana jè, viva S. Lucia!

sabato 1 agosto 2015

PAROLA DI VITA - AGOSTO 2015

Oggi, 1° agosto, memoria del dottore della Chiesa Sant'Alfonso Maria de' Liguori, vi auguriamo di cuore serene e liete vacanze estive, illuminate e riscaldate dalla Parola di Dio e dall'esempio sempre splendente della santità di Lucia, nostra celeste protettrice. Mentre molti partono per raggiungere i luoghi di villeggiatura, accompagnamo spiritualmente questo tratto di "santo viaggio" con un bel commento biblico che ci invita a "camminare insieme" verso la meta della nostra vita, che è Cristo!

«Camminate nella carità» (Ef 5, 2)
In questa parola è racchiusa tutta l’etica cristiana. L’agire umano, se vuole essere come Dio l’ha pensato quando ci ha creati, e quindi autenticamente umano, deve essere animato dall’amore. Il cammino – metafora della vita – per giungere alla sua meta deve essere guidato dall’amore, compendio di tutta la legge. L’apostolo Paolo rivolge questa esortazione ai cristiani di Efeso, come conclusione e sintesi di quanto ha appena scritto loro sul modo di vivere cristiano: passare dall’uomo vecchio all’uomo nuovo, essere veri e sinceri gli uni con gli altri, non rubare, sapersi perdonare, operare il bene…, in una parola “camminare nella carità”.
Converrà leggere per intero la frase da cui è tratta la parola incisiva che ci accompagnerà per tutto il mese: «Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo in cui anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore». Paolo è convinto che ogni nostro comportamento deve avere come modello quello di Dio. Se l’amore è il segno distintivo di Dio, deve esserlo anche dei suoi figli: in questo essi devono imitarlo. Ma come possiamo conoscere l’amore di Dio? Per Paolo è chiarissimo: esso si rivela in Gesù, che mostra come e quanto Dio ama. L’apostolo lo ha sperimentato in prima persona: «mi ha amato e ha consegnato se stesso per me» (Gal 2, 20) ed ora lo rivela a tutti perché diventi l’esperienza dell’intera comunità.
«Camminate nella carità»
Qual è la misura dell’amore di Gesù, sul quale va modellato il nostro amore? Esso, lo sappiamo, non ha confini, non pone preclusioni o preferenze di persone. Gesù è morto per tutti, anche per i suoi nemici, per chi lo stava crocifiggendo, proprio come il Padre che nel suo amore universale fa splendere il sole e fa scendere la pioggia su tutti, buoni e cattivi, peccatori e giusti. Ha saputo prendersi cura soprattutto dei piccoli e dei poveri, degli ammalati e degli esclusi; ha amato con intensità gli amici; è stato particolarmente vicino ai discepoli… Il suo amore non si è risparmiato, giungendo fino al punto estremo di donare la vita. Ed ora chiama tutti a condividere il suo stesso amore, ad amare come lui ha amato. Può farci paura questa chiamata, perché troppo esigente. Come possiamo essere imitatori di Dio, che ama tutti, sempre, per primo. Come amare con la misura dell’amore di Gesù? Come essere “nella carità”, così come ci viene richiesto dalla parola di vita? È possibile soltanto se prima abbiamo fatto noi stessi l’esperienza di essere amati. Nella frase “camminate nella carità, nel modo in cui anche Cristo ci ha amato”, l’espressione nel modo in cui, può essere tradotta anche con perché.
«Camminate nella carità»
Camminare qui equivale ad agire, a comportarsi, come a dire che ogni nostra azione deve essere ispirata e mossa dall’amore. Ma forse non a caso Paolo impiega questa parola dinamica per ricordarci che amare si impara, che c’è tutta una strada da percorrere per raggiungere la larghezza del cuore di Dio. Egli usa anche altre immagini per indicare la necessità del progresso costante, quale la crescita che da neonati conduce fino all’età adulta (cf 1 Cor 3, 1-2), lo sviluppo di una piantagione, la costruzione di un edificio, la corsa nello stadio per la conquista del premio (cf 1 Cor 9, 24). Non siamo mai degli arrivati. Ci vuole tempo e costanza per giungere alla meta, senza arrendersi davanti alle difficoltà, senza mai lasciarci scoraggiare dai fallimenti e dagli sbagli, pronti sempre a ricominciare, senza rassegnarsi alla mediocrità. Agostino d’Ippona, forse pensando al suo sofferto cammino, scriveva in proposito: «Ti riesca sempre sgradito ciò che sei, se vuoi giungere a ciò che non sei ancora. Infatti là dove ti senti bene, ti fermi; e dici addirittura: “Basta così”, e così sprofondi. Aggiungi continuamente, cammina sempre, procedi in avanti di continuo: non fermarti lungo il cammino, non voltarti, non deviare. Resta indietro chi non avanza».
«Camminate nella carità»
Come procedere più celermente nel cammino dell’amore? Poiché l’invito è rivolto a tutta la comunità – “camminate” –, sarà utile aiutarsi reciprocamente. È infatti triste e difficile intraprendere un viaggio da soli. Potremmo iniziare col trovare l’occasione per ridirci ancora una volta tra noi – con gli amici, i familiari, i membri della stessa comunità cristiana…– la volontà di camminare insieme. Potremmo condividere le esperienze positive su come abbiamo amato, in modo da imparare gli uni dagli altri. Possiamo confidare, a chi può comprenderci, gli sbagli commessi e le deviazioni dal cammino, in modo da correggerci. Anche la preghiera fatta insieme potrà darci luce e forza per andare avanti. Uniti tra noi e con Gesù in mezzo a noi – la Via! – percorreremo fino in fondo il nostro “santo viaggio”: semineremo amore attorno a noi e raggiungeremo la meta: l’Amore.
Fabio Ciardi

sabato 3 gennaio 2015

Iniziamo un nuovo anno "luciano"... in bellezza

SANTA LUCIA NELL'ARTE: CAPOLAVORI PITTORICI A SIRACUSA

Come vi abbiamo già annunciato allo scoccare dell'anno 2015 appena iniziato, per vivere intensamente il grato ricordo dell'evento eccezionale accaduto a Siracusa nello scorso dicembre con la seconda visita delle Sacre Spoglie di S. Lucia, continueremo a celebrare solennemente la viva memoria della nostra Patrona nella sua e nostra città con grandi novità!
Anche il 2015 è una data importante, per la storia del culto in onore di S. Lucia: ricorre infatti il 280° anniversario del prodigioso sudore del simulacro marmoreo di S. Lucia Dormiente e della liberazione di Siracusa dalla guerra tra Austriaci e Spagnoli nel 1735, grazie all'intervento miracolo della nostra Protettrice, che lasciò inesploso l'ordigno caduto nella casa del generale Orsini. 


Col cuore colmo di gioia per aver contemplato le meraviglie di Dio nel corpo santo di Lucia, straziato dal martirio, possiamo ancora per alcuni giorni ammirare il volto celestiale della nostra amata Concittadina visitando alcune mostre a lei dedicate: "I volti di Lucia" nel Museo Bellomo di Siracusa, e "Il volto di Lucia" nel Museo Tempo di Canicattini Bagni (in provincia di Siracusa).


Intanto, sul nostro blog, pubblichiamo anche noi una piccola "mostra" fotografica che riproduce alcune fra le splendide opere d'arte pittorica a soggetto luciano che sono conservate nelle stupende chiese storiche della nostra città! Viva S. Lucia!




giovedì 1 gennaio 2015

PAROLA DI VITA - GENNAIO 2015

Carissimi amici, auguri di ogni bene per il 2015 appena iniziato... e per tutta la vita!
Riprendiamo le nostre "classiche" rubriche a cadenza regolare, da voi tanto apprezzate e attese: oggi, primo giorno del mese, vi proponiamo dunque la meditazione mensile sulla Parola di Dio, sull'esempio di Maria Santissima Madre di Dio, che oggi celebriamo solennemente, e di Santa Lucia, che meditavano assiduamente le Sacre Scritture custodendole nel cuore!

«Le dice Gesù: “Dammi da bere”» (Gv 4,7)
Gesù lascia la regione della Giudea diretto in Galilea. La strada lo porta ad attraversare la Samaria. A metà giornata, sotto il sole, stanco del cammino, si siede al pozzo che il patriarca Giacobbe aveva costruito 1700 anni prima. Ha sete, ma non ha un secchio per attingere l’acqua. Il pozzo è profondo, 35 metri, come si può vedere anche ai nostri giorni.
I discepoli sono andati in paese a comprare qualcosa da mangiare. Gesù è rimasto solo. Arriva una donna con una brocca e lui, con semplicità, le domanda da bere. E’ una richiesta che va contro le usanze del tempo: un uomo non si rivolge direttamente a una donna, soprattutto se è una sconosciuta. Inoltre tra Giudei e Samaritani vi sono divisioni e pregiudizi religiosi: Gesù è giudeo e la donna una samaritana. Il dissidio, e persino l’odio, tra i due popoli ha radici profonde, di origini storiche, politiche. Vi è un ulteriore steccato tra lui e lei, di tipo morale: la samaritana ha avuto più uomini e vive in situazione irregolare. Forse è per questo che non viene ad attingere acqua con le altre donne al mattino o alla sera, ma in un’ora insolita come quella, a mezzogiorno: per evitare i loro commenti.
Gesù non si lascia condizionare da nessun tipo di barriera e apre il dialogo con la straniera. Vuole entrare nel suo cuore e le chiede:
“Dammi da bere”
Ha in serbo un dono per lei, il dono di un’acqua viva. «Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me», lo sentiremo gridare più tardi nel tempio di Gerusalemme (7,37). L’acqua è essenziale per ogni tipo di vita e appare tanto più preziosa in ambienti aridi come nella Palestina. Quella che Gesù vuole donare è un’acqua “viva”, a simboleggiare la rivelazione di un Dio che è Padre ed è amore, lo Spirito Santo, la vita divina che egli è venuto a portare. Tutto quanto egli dona è vivo e per la vita: lui stesso è il pane “vivo” (cf 6,51ss), è la Parola che dà la vita (cf 5,25), è semplicemente la Vita (cf 11, 25-26). Sulla croce, ci dirà ancora Giovanni che ne era testimone, quando uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia, « subito ne uscì sangue e acqua» (19,34): è il dono estremo e totale di sé.
Ma Gesù non impone. Non la rimprovera neppure per la sua convivenza irregolare. Lui che tutto può dare, chiede, perché realmente ha bisogno del dono di lei:
“Dammi da bere”
Chiede perché è stanco, ha sete. Lui, il Signore della vita, si fa mendicante, senza nascondere la sua reale umanità.
Chiede anche perché sa che se l’altra dona, ella potrà aprirsi più facilmente ed essere pronta ad accogliere a sua volta.
Da questa richiesta inizia un colloquio fatto di argomentazioni, fraintendimenti, approfondimenti al termine del quale Gesù può rivelare la propria identità. Il dialogo ha fatto crollare le barriere di difesa e ha portato alla scoperta della verità, l’acqua che egli è venuto a portare. La donna lascia ciò che in quel momento ha di più prezioso, la sua brocca, perché ha trovato ben altra ricchezza, e corre in città per iniziare a sua volta un dialogo con i vicini. Anche lei non impone, ma narra l’accaduto, comunica la propria esperienza e pone l’interrogativo sulla persona incontrata, che le ha chiesto:
“Dammi da bere”
In questa pagina di Vangelo mi pare di cogliere un insegnamento per il dialogo ecumenico di cui ogni anno, in questo mese, ci viene ricordata l’urgenza. La “Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani” ci fa prendere coscienza della divisione scandalosa tra le Chiese che continua da troppi anni e ci invita ad accelerare i tempi di una comunione profonda che superi ogni barriera, così come Gesù ha superato le fratture tra Giudei e Samaritani.
Quella tra cristiani è soltanto una delle tante disunità che ci lacerano negli ambiti più vari, fatte di malintesi, dissidi in famiglia o nel condominio, tensioni sul lavoro, rancori verso gli immigrati. Le barriere che spesso ci dividono possono essere di tipo sociale, politico, religioso, o semplicemente frutto di diverse abitudini culturali che non sappiamo accettare. Sono quelle che scatenano i conflitti tra nazioni ed etnie, ma anche l’ostilità nel nostro quartiere. Non potremmo, come Gesù, aprirci all’altro, superando diversità e pregiudizi? Perché non ascoltare, al di là dei modi con cui può essere formulata, la richiesta di comprensione, di aiuto, di un po’ di attenzione? Anche in chi è di parte avversa o di altra estrazione culturale, religiosa, sociale, si nasconde un Gesù che si rivolge a noi e ci chiede:
“Dammi da bere”
Viene spontaneo ricordare un’altra parola simile di Gesù, pronunciata sulla croce, sempre testimoniata dal Vangelo di Giovanni: «Ho sete» (19,28). E’ la necessità primordiale, espressione di ogni altra necessità. In ogni persona bisognosa, disoccupata, sola, straniera, sia pure di un altro credo o convinzione religiosa, sia pure ostile, possiamo riconoscere Gesù che ci dice: “Ho sete” e che ci chiede: “Dammi da bere”. Basta offrire un bicchiere d’acqua, dice il Vangelo, per averne una ricompensa (cf Mt 10,42), per avviare quel dialogo che ricompone la fraternità.
Anche noi, a nostra volta, possiamo esprimere le nostre necessità, senza vergognarci di “avere sete” e chiedere a nostra volta: “Dammi da bere”. Potrà così iniziare un dialogo sincero e una comunione concreta, senza paura della diversità, del rischio della condivisione del nostro pensiero e dell’accoglienza di quello dell’altro. Facendo leva soprattutto sulle potenzialità di chi abbiamo di fronte, sui suoi valori presenti anche se nascosti, come ha fatto Gesù che ha saputo riconoscere nella donna qualcosa che lui non poteva fare, attingere acqua.
Fabio Ciardi

mercoledì 31 dicembre 2014

... una grazia specialissima in questo 2014: Lucia fra noi!








Immagini della processione STORICA del Corpo di S. Lucia insieme al simulacro argenteo,
ottava di S. Lucia 2014

2015: un altro anno giubilare luciano!

Carissimi amici di S. Lucia, sia lodato Gesù Cristo! Se il 2014 è stato un anno giubilare luciano perché, nel decennale del XVII centenario del martirio di S. Lucia, le sacre spoglie della nostra amata patrona sono ritornate a visitare e benedire la sua e nostra città di Siracusa, nel grande evento che abbiamo vissuto dal 14 al 22 dicembre, anche il 2015, che sta per iniziare, si prospetta già come un'occasione solenne e gioiosa: il 280° anniversario della prodigiosa sudorazione del simulacro marmoreo di S. Lucia dormiente, avvenuta per tre giorni consecutivi dal 6 all'8 maggio dell'anno 1735! Fu un fenomeno soprannaturale, studiato e analizzato con meticolosità da commissioni anche molto scettiche, verificatosi davanti a molti testimoni oculari, e infine giudicato "vero, reale e miracoloso". Il bianco simulacro, di straordinaria bellezza, venne scolpito circa un secolo prima, precisamente nel 1634, dal grande artista Gregorio Tedeschi, proprio per l'altare del sepolcro di S. Lucia, nella cripta sulla quale pochi anni prima (1627) il geniale architetto Giovanni Vermexio aveva realizzato un mausoleo ottagonale. Il prodigioso sudore di S. Lucia, protrattosi per tre giorni, fino al verdetto della commissione che si assunse la responsabilità del riconoscimento pubblico, è un miracolo che testimonia la protezione della patrona sulla propria città, che si accompagnò ad altri fenomeni straordinari: la misteriosa inesplosione della bomba caduta nella casa del generale Orsini, che proprio facendo voto a S. Lucia, decretò la fine della guerra tra Spagnoli e Austriaci, nella quale, altrettanto miracolosamente, in pur tanta "pioggia" di bombardamenti, "non perì alcuno" dei circa 3000 cittadini siracusani rimasti in città. Grazie, Lucia, per questo ennesimo segno inequivocabile del tuo amore per noi e della tua potente intercessione presso Dio! Ti onoreremo degnamente e ti renderemo grazie, promettendoti, come tu stessa ci hai raccomandato prima di morire, di "osservare di cuore i comandamenti del Signore nostro Gesù Cristo". Con questo buon proposito per il nuovo anno, salutiamo i più bei ricordi del 2014 trascorso con te e inauguriamo sempre con te, cara Martire siracusana, il 2015! Viva S. Lucia, colei che - parafrasando il Vangelo della Messa di questa mattina - "non era la luce, ma doveva rendere testimonianza alla luce"!

domenica 28 dicembre 2014

Grazie, S. Lucia!

Al termine di questa giornata piena di gioia, speciale perché - come ogni anno - noi siracusani abbiamo sciolto il voto di ringraziamento alla nostra amata Patrona S. Lucia, per la sua celeste protezione sulla città di Siracusa il 28 dicembre 1908, notte del terribile maremoto di Messina, anche su questo blog a lei dedicato formuliamo col cuore colmo di commozione il sentito "GRAZIE" alla grande e taumaturga Vergine e Martire Siracusana: viva S. Lucia!
Continua a proteggerci, o S. Lucia, ti supplichiamo, e prega per le vittime delle nuove calamità del mondo di questi giorni, specie per i viaggiatori per mare e in volo colpiti dalle ultime sciagure di cui oggi è stata data notizia!

"Grazie a te, o Lucia, fuggono carestia e crudeli guerre, epidemie e incendi, 
e più terribile il terremoto e il maremoto"
(iscrizione latina, edicola votiva di S. Lucia in via Roma a Siracusa)

venerdì 26 dicembre 2014

28 dicembre: anniversario del terremoto del 1908

AVVISO SACRO - Secondo l'ininterrotta tradizione molto cara ai devoti, anche quest'anno le Sacre Reliquie e il simulacro-reliquiario di Santa Lucia saranno solennemente esposti alla venerazione dei fedeli nella Cappella della Patrona, nella Basilica Cattedrale di Siracusa, il 28 dicembre dalle ore 7.30 alle 13.30.
Occasione di tale celebrazione è la commemorazione del terremoto del 1908 che colpì duramente la città di Messina e che, in circostanze che resero evidente l'intervento celeste della protezione di Santa Lucia, non causò danni alla città di Siracusa, sulla cui costa si arrestò l'effetto del maremoto. Appena la sera prima, per una proroga straordinaria motivata dall'eccezionale maltempo di quell'anno, si era svolta la processione dell'ottava di Santa Lucia, e la mattina stessa del 28 i siracusani domandarono e ottennero una nuova processione penitenziale della taumaturga protettrice fino al piazzale delle Poste, dove l'arcivescovo pronunciò un vibrante discorso e dove venne eretta un'edicola votiva ancora venerata, con una bella statua della grande Martire siracusana. Effetto immediato del terremoto fu che la popolazione siracusana, grata a Dio e a Santa Lucia di essere stata ancora preservata dal pericolo di questa calamità, si prodigò con estrema generosità e vivo senso cristiano di solidarietà a soccorrere la popolazione della Chiesa sorella di Messina, ospitandola e prendendosene cura nelle proprie case: il primo a dare l'esempio fu proprio l'arcivescovo di Siracusa, che aprì agli sfollati le porte del palazzo arcivescovile e cedette persino il proprio letto.
Col cuore ancora colmo di gioia e gratitudine per la visita del Corpo della Patrona da Venezia e per la rinnovata celebrazione solenne del Santo Natale di nostro Signore Gesù Cristo, ci stringeremo ancora una volta ai piedi della nostra amata Santa Concittadina per ringraziarla della sua protezione e lodare Dio per le sue meraviglie!

mercoledì 24 dicembre 2014

BUON NATALE!

Con Gesù la gioia è di casa!

A tutti Voi e ai Vostri cari: auguri di vera gioia in questo Santo Natale!

Gioia e pace in Cristo, Colui che è la nostra Gioia e la nostra Pace!

Il Figlio Unigenito di Dio, il Verbo Eterno del Padre, l'Unico Signore e Salvatore del mondo, si è fatto carne ed ha fatto casa in mezzo a noi!

Adoriamolo!

lunedì 15 dicembre 2014

BENTORNATA A CASA, LUCIA!



TI AMIAMO, TI LODIAMO E TI RINGRAZIAMO,
NOSTRA SPLENDIDA PATRONA!
LA TUA SIRACUSA TI ACCOGLIE A BRACCIA APERTE
NELLA TUA CASA!

VIVA SANTA LUCIA!!!

SPECIALE S. LUCIA 2014: IL PRIMO DOCUMENTO DEL MAGISTERO PONTIFICIO INTERAMENTE DEDICATO ALLA NOSTRA PATRONA!

Carissimi Amici!!! VIVA SANTA LUCIA!!! Incontenibile gioia riempie il cuore di tutti i veri siracusani e di tutti i devoti di Santa Lucia nel mondo per lo specialissimo evento di grazia che stiamo vivendo in questi giorni: la PEREGRINATIO DEL CORPO DI SANTA LUCIA DA VENEZIA A SIRACUSA, città natale della Santa e luogo del suo martirio per la fede in Gesù Cristo, che si sta svolgendo in questo ottavario giubilare di celebrazioni luciane! Rendiamo grazie a Dio! Santa Lucia, prega sempre per noi e continua a proteggerci con amore come avviene ininterrottamente da oltre 17 secoli!
Ma la festa di S. Lucia è coronata anche da un altro evento fondamentale di portata unica e universale: IL PRIMO DOCUMENTO DEDICATO INTERAMENTE A SANTA LUCIA DAL MAGISTERO PONTIFICIO, e cioè IL DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO AL CONSIGLIO NAZIONALE DELL'UNIONE ITALIANA DEI CIECHI E DEGLI IPOVEDENTI, pronunciato proprio il 13 dicembre 2014, nella festa della Martire Siracusana.
Con vivissima emozione e immensa gratitudine a Dio volentieri ne pubblichiamo il testo integrale, che sarà scolpito perennemente nella storia gloriosa del culto universale che la Chiesa tributa da sempre alla nostra Patrona! Tanti pontefici della Chiesa cattolica, già nei secoli scorsi, avevano già pronunciato parole di sincera devozione nei confronti di Santa Lucia, ma è la primissima volta in assoluto che le viene dedicato un intero discorso ufficiale del papa!

Vorrei accennare ad alcuni valori umani che la figura di santa Lucia ci suggerisce. Sottolineo: valori umani. Lucia li ha vissuti in modo esemplare grazie alla sua fede in Cristo, ma sono condivisibili da tutti.
Anzitutto Lucia ci suggerisce un valore che mi sembra molto importante anche per voi: il coraggio. Lei era una giovane donna, inerme, ma ha affrontato le torture e la morte violenta con grande coraggio, un coraggio che le veniva da Cristo risorto, col quale era unita, e dallo Spirito Santo, che abitava in lei.
Tutti abbiamo bisogno di coraggio per affrontare le prove della vita. In particolare le persone cieche e ipovedenti ne hanno bisogno per non chiudersi, per non assumere un atteggiamento vittimistico, ma al contrario aprirsi alla realtà, agli altri, alla società; per imparare a conoscere e valorizzare le capacità che il Signore ha posto in ciascuno, veramente in ciascuno, nessuno escluso! Ma per questo ci vuole coraggio, forza d’animo.
Un altro valore ci viene suggerito da santa Lucia, cioè il fatto che lei non era sola, ma faceva parte di una comunità, era membro di un corpo di cui Cristo è il Capo, pietra di un edificio di cui Cristo è il fondamento. Anche questo aspetto trova riscontro sul piano umano. Voi siete un’associazione, e questo è un valore! Un’associazione non è una somma di individui, è molto di più. Oggi c’è molto bisogno di vivere con gioia e impegno la dimensione associativa, perché in questo momento storico è “in ribasso”, non è fortemente sentita. Fare gruppo, essere solidali, incontrarsi, condividere le esperienze, mettere in comune le risorse… tutto questo fa parte del patrimonio civile di un popolo. E spesso le persone che convivono con degli svantaggi o delle disabilità possono dire a tutti, con la loro esperienza, che non siamo “monadi”, non siamo fatti per essere isolati, ma per relazionarci, per completarci, aiutarci, accompagnarci, sostenerci a vicenda. La presenza delle persone disabili provoca tutti a fare comunità, anzi, ad essere comunità, ad accoglierci a vicenda con i nostri limiti. Perché tutti abbiamo capacità, ma tutti abbiamo anche limiti!
Infine, Lucia ci dice che la vita è fatta per essere donata. Lei ha vissuto questo nella forma estrema del martirio, ma il valore deldono di sé è universale: è il segreto della vera felicità. L’uomo non si realizza pienamente nell’avere e neppure nel fare; si realizza nell’amare, cioè nel donarsi. E questo può essere inteso anche come il segreto del nome “Lucia”: una persona è “luminosa” nella misura in cui è un dono per gli altri. E ogni persona, in realtà, lo è, è un dono prezioso!
Cari amici, vivere secondo questi valori può comportare anche oggi delle incomprensioni, la fatica di andare a volte controcorrente; ma questo non stupisce: la testimonianza richiede sempre di pagare di persona. Le odierne società che puntano molto sui diritti “individualisti” rischiano di dimenticare la dimensioni della comunità e quella del dono gratuito di sé per gli altri. Perciò c’è ancora bisogno di lottare, con l’esempio e l’intercessione di santa Lucia! Vi auguro di farlo con coraggio, e con la gioia di farlo insieme. PAPA FRANCESCO

domenica 5 ottobre 2014

PAROLA DI VITA - OTTOBRE 2014


“Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete” (Giovanni 6,35)
Nel suo vangelo, Giovanni narra che Gesù, dopo aver moltiplicato i pani, nel grande discorso tenuto a Cafarnao, dice fra il resto:  “Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna, e che il Figlio dell’uomo vi darà” (Gv 6,27).
E’ evidente, per i suoi uditori, il riferimento alla manna, come anche all’aspettativa della “seconda” manna che scenderà dal cielo nel tempo messianico.
Poco dopo, nello stesso discorso, alla folla che ancora non comprende, Gesù si presenta egli stesso come il vero pane disceso dal cielo, che deve essere accettato mediante la fede.
“Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete”
Gesù si vede già pane.  E’ dunque quello il motivo ultimo della sua vita qui sulla terra. Essere pane per essere mangiato. Ed essere pane per comunicarci la sua vita, per trasformarci in lui.  Fin qui il significato spirituale di questa parola, con i suoi richiami all’Antico Testamento, è chiaro. Ma il discorso si fa misterioso e ostico quando più avanti  Gesù dice di se stesso: “Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” (Gv 6,51b) e “se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita” (Gv 6,53).
E’ l’annuncio dell’Eucaristia che scandalizza e allontana tanti discepoli. Ma è il dono più grande che Gesù vuol fare all’umanità:  la sua presenza nel sacramento dell’Eucaristia, che dà la sazietà dell’anima e del corpo, la pienezza della gioia, per l’intima unione con Gesù.
Nutriti di questo pane ogni altra fame non ha più ragione di esistere.  Ogni nostro desiderio di amore e di verità è saziato da chi è lo stesso Amore, la stessa Verità.
“Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete”
Dunque questo pane nutre di Lui fin da quaggiù, ma ci è dato perché possiamo a nostra volta saziare la fame spirituale e materiale dell’umanità che ci circonda.
Il mondo non riceve tanto l’annuncio di Cristo dall’Eucaristia, quanto dalla vita dei cristiani nutriti di essa e della Parola, i quali predicando il Vangelo con la vita e con la voce, rendono presente Cristo in mezzo agli uomini.
La vita della comunità cristiana, grazie all’Eucaristia, diventa la vita di Gesù, una vita quindi capace di dare l’amore, la vita di Dio agli altri.
“Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete”
Con la metafora del pane, Gesù ci insegna anche il modo più vero, più “cristiano” di amare il nostro prossimo.
Infatti, che cosa significa amare?
Amare significa “farsi uno” con tutti, farsi uno in tutto quello che gli altri desiderano, nelle cose più piccole e insignificanti e in quelle che forse a noi importano poco ma che agli altri interessano.
E Gesù ha esemplificato in maniera stupenda questo modo di amare facendosi pane per noi.  Egli si fa pane per entrare in tutti, per farsi mangiabile, per farsi uno con tutti, per servire, per amare tutti.
Farsi uno anche noi dunque fino a lasciarsi mangiare.
Questo è l’amore, farsi uno in modo che gli altri si sentano nutriti dal nostro amore, confortati, sollevati, compresi.
Chiara Lubich

lunedì 1 settembre 2014

PAROLA DI VITA - SETTEMBRE 2014

SPECIALE 10° ANNIVERSARIO!
Carissimi amici, torniamo in rete per inaugurare il 10° anno di vita del nostro blog! Esattamente a partire da oggi, solennità della Madonna delle Lacrime di Siracusa, data benedetta in cui nacque questo blog, iniziamo a "celebrare" questi 10 anni insieme, nel nome dell'amore dei siracusani per S. Lucia!

“Accoglietevi gli uni gli altri come Cristo ha accolto voi, per la gloria di Dio” (Rm 15,7)

Queste parole sono una delle raccomandazioni finali rivolte da san Paolo nella sua lettera ai cristiani di Roma. Questa comunità, come del resto tante altre sparse nel mondo greco-romano, era formata da credenti che provenivano in parte dal paganesimo ed in parte dal giudaismo, quindi con mentalità, formazione culturale e sensibilità spirituale molto diverse. Questa diversità dava adito a giudizi, prevenzioni, discriminazioni ed intolleranze degli uni verso gli altri, che certamente non si accordavano con quella accoglienza reciproca che Dio avrebbe voluto da loro.
Per aiutarli a superare tali difficoltà l’Apostolo non trova mezzo più efficace che farli riflettere sulla grazia della loro conversione. Il fatto che Gesù li avesse chiamati alla fede, comunicando loro il dono del suo Spirito, era la prova tangibile dell’amore con cui Gesù aveva accolto ciascuno di loro. Nonostante il loro passato e diversità di provenienza, Gesù li aveva accolti per formare un solo corpo.

“Accoglietevi gli uni gli altri come Cristo ha accolto voi, per la gloria di Dio”.

Queste parole di san Paolo ci richiamano uno degli aspetti più toccanti dell’amore di Gesù. E’ l’amore con cui Gesù durante la sua vita terrena ha sempre accolto tutti, in modo particolare i più emarginati, i più bisognosi, i più lontani. E’ l’amore con cui Gesù ha offerto a tutti la sua fiducia, la sua confidenza, la sua amicizia, abbattendo ad una ad una le barriere che l’orgoglio e l’egoismo umano avevano eretto nella società del suo tempo. Gesù è stato la manifestazione dell’amore pienamente accogliente del Padre celeste verso ciascuno di noi e dell’amore che, di conseguenza, noi dovremmo avere gli uni verso gli altri. E’ questa la prima volontà del Padre su di noi; per cui non potremmo rendere al Padre una gloria più grande di quella che gli rendiamo quando cerchiamo di accoglierci gli uni gli altri a quel modo con cui Gesù ha accolto noi.

“Accoglietevi gli uni gli altri come Cristo ha accolto voi, per la gloria di Dio”.

Come vivremo allora la Parola di vita di questo mese? Essa richiama la nostra attenzione su uno degli aspetti del nostro egoismo più frequenti e, diciamo pure, più difficile da superare: la tendenza ad isolarci, a discriminare, ad emarginare, ad escludere l’altro in quanto è diverso da noi e potrebbe disturbare la nostra tranquillità.
Cercheremo allora di vivere questa Parola di vita innanzitutto all’interno delle nostre famiglie, associazioni, comunità, gruppi di lavoro, eliminando in noi i giudizi, le discriminazioni, le prevenzioni, i risentimenti, le intolleranze verso questo o quel prossimo, così facili e così frequenti, che tanto raffreddano e compromettono i rapporti umani ed impediscono, bloccando come una ruggine, l’amore vicendevole.
E poi nella vita sociale in genere, proponendoci di testimoniare l’amore accogliente di Gesù verso qualsiasi prossimo il Signore ci metta accanto, specialmente quelli che l’egoismo sociale tende più facilmente ad escludere o ad emarginare.
L’accoglienza dell’altro, del diverso da noi, sta alla base dell’amore cristiano. E’ il punto di partenza, il primo gradino per la costruzione di quella civiltà dell’amore, di quella cultura di comunione, alla quale Gesù ci chiama soprattutto oggi.

giovedì 24 aprile 2014

FESTA DEL PATROCINIO 2014

... IN ATTESA DEL RITORNO "A CASA" DEL TUO SANTO CORPO NEL PROSSIMO DICEMBRE, RINNOVIAMO L'INCANTO DELLA TUA FESTA DI PRIMAVERA NEL GRATO RICORDO DEL TUO PATROCINIO SULLA NOSTRA CITTA'!

SARAUSANA JE', VIVA SANTA LUCIA!!!

O NOSTRA AMATA SANTA CONCITTADINA E PATRONA,
PROTEGGI E BENEDICI LE NOSTRE FAMIGLIE, LE NOSTRE CASE, IL NOSTRO LAVORO, LA NOSTRA SALUTE, E PREGA PER LA SALVEZZA DELLE NOSTRE ANIME!




giovedì 6 febbraio 2014

I nuovi blog del 2014

Carissimi amici, pieni di gioia per la notizia del ritorno del Corpo di S. Lucia a Siracusa, annunciato per il 14 dicembre di quest'anno, in redazione abbiamo pensato di accompagnare tutti i siracusani e i devoti della nostra Patrona in questo tempo di intensa preparazione e trepidante attesa del grande evento, attraverso la realizzazione di due nuovi blog a contenuto spirituale, per vivere in profondità la nostra vita cristiana quale più bel dono che possiamo fare alla nostra dolce Lucia per prepararci alla grande festa del prossimo dicembre!

domenica 2 febbraio 2014

PAROLA DI VITA - FEBBRAIO 2014

Meditazione biblica di Chiara Lubich
 
“Beati i puri di cuore perché vedranno Dio” (Mt 5,8)

La predicazione di Gesù si apre col discorso della montagna. Davanti al lago di Tiberiade su una collina nei pressi di Cafarnao, seduto, come usavano fare i maestri, Gesù annuncia alle folle l’uomo delle beatitudini. Più volte nell’Antico Testamento risuonava la parola “beato” e cioè l’esaltazione di colui che adempiva, nei modi più vari, la Parola del Signore.

Le beatitudini di Gesù riecheggiavano in parte quelle che i discepoli già conoscevano; ma per la prima volta essi sentivano che i puri di cuore, non solo, come cantava il Salmo, erano degni di salire sul monte del Signore, ma addirittura potevano vedere Dio. Quale era dunque quella purezza così alta da meritare tanto? Gesù l’avrebbe spiegato più volte nel corso della sua predicazione. Cerchiamo perciò di seguirlo per attingere alla fonte dell’autentica purezza.

“Beati i puri di cuore perché vedranno Dio”

Anzitutto, secondo Gesù, vi è un mezzo sovrano di purificazione: “Voi siete già mondi in virtù della Parola che vi ho annunziato”. Non sono tanto degli esercizi rituali a purificare l’animo, ma la sua Parola. La Parola di Gesù non è come le parole umane. In essa è presente Cristo, come, in altro modo, è presente nell’Eucaristia. Per essa Cristo entra in noi e, finché la lasciamo agire, ci rende liberi dal peccato e quindi puri di cuore.

Dunque la purezza è frutto della Parola vissuta, di tutte quelle Parole di Gesù che ci liberano dai cosiddetti attaccamenti, nei quali necessariamente si cade, se non si ha il cuore in Dio e nei suoi insegnamenti. Essi possono riguardare le cose, le creature, se stessi. Ma se il cuore è puntato su Dio solo, tutto il resto cade.

Per riuscire in questa impresa, può essere utile, durante la giornata, ripetere a Gesù, a Dio, quell’invocazione del Salmo che dice: “Sei tu, Signore, l’unico mio bene!”. Proviamo a ripeterlo spesso, e soprattutto quando i vari attaccamenti vorrebbero trascinare il nostro cuore verso quelle immagini, sentimenti e passioni che possono offuscare la visione del bene e toglierci la libertà.

Siamo portati a guardare certi cartelloni pubblicitari, a seguire certi programmi televisivi? No, diciamogli: “Sei tu, Signore, l’unico mio bene” e sarà questo il primo passo che ci farà uscire da noi stessi, ri-dichiarando il nostro amore a Dio. E così avremo acquistato in purezza.

Avvertiamo a volte che una persona o un’attività si frappongono, come un ostacolo, fra noi e Dio e inquinano il nostro rapporto con Lui? È il momento di ripeterGli: “Sei tu, Signore, l’unico mio bene”. Questo ci aiuterà a purificare le nostre intenzioni e a ritrovare la libertà interiore.

“Beati i puri di cuore perché vedranno Dio”

La Parola vissuta ci rende liberi e puri perché è amore. È l’amore che purifica, con il suo fuoco divino, le nostre intenzioni e tutto il nostro intimo, perché il “cuore” secondo la Bibbia è la sede più profonda dell’intelligenza e della volontà.

Ma c’è un amore che Gesù ci comanda e che ci permette di vivere questa beatitudine. È l’amore reciproco, di chi è pronto a dare la vita per gli altri, sull’esempio di Gesù. Esso crea una corrente, uno scambio, un’atmosfera la cui nota dominante è proprio la trasparenza, la purezza, per la presenza di Dio che, solo, può creare in noi un cuore puro. È vivendo l’amore scambievole che la Parola agisce con i suoi effetti di purificazione e di santificazione.

L’individuo isolato è incapace di resistere a lungo alle sollecitazioni del mondo, mentre nell’amore vicendevole trova l’ambiente sano, capace di proteggere la sua purezza e tutta la sua autentica esistenza cristiana.

“Beati i puri di cuore perché vedranno Dio”

Ed ecco il frutto di questa purezza, sempre riconquistata: si può “vedere” Dio, cioè capire la sua azione nella nostra vita e nella storia, sentire la sua voce nel cuore, cogliere la sua presenza là dove è: nei poveri, nell’Eucaristia, nella sua Parola, nella comunione fraterna, nella Chiesa.

È un pregustare la presenza di Dio che comincia già da questa vita “camminando nella fede e non ancora in visione” fino a quando “vedremo faccia a faccia” eternamente.

domenica 26 gennaio 2014

NEL 10° ANNIVERSARIO DEL PRIMO RITORNO, LUCIA TORNERA' ANCORA A SIRACUSA!

(maschera in argento fatta realizzare dal patriarca di Venezia Angelo Roncalli, 
futuro papa Giovanni XXIII, posta sul Capo di S. Lucia;
foto di Dario Bottaro - Santa Lucia Web, Siracusa)

SIRACUSA, domenica 26 gennaio 2014 - Ormai è ufficiale: dopo prime timide indiscrezioni diffuse anche sul web, il nostro rev.mo arcivescovo metropolita, S. E. mons. Salvatore Pappalardo, ha comunicato all'intera comunità ecclesiale siracusana l'annuncio del grandioso evento tanto atteso da tutti i concittadini di S. Lucia! Come già aveva prospettato fiducioso dieci anni orsono il predecessore S. E. mons. Giuseppe Costanzo, il pastore che per la prima volta nella storia ha ottenuto alla città della Santa questo immenso dono atteso da quasi mille anni, nel 10° anniversario della prima traslazione del Corpo di S. Lucia da Venezia a Siracusa, l'emozionante avvenimento verrà ripetuto, per l'indicibile gioia di tutti i siracusani e per l'orgoglioso vanto dell'intera Sicilia! Siano rese lode, adorante onore e ringraziamenti alla Santissima Trinità, infinitamente gloriosa nelle meraviglie operate nei Suoi santi, e sia immensamente lodata e ringraziata la nostra amatissima Santa Patrona Principale e più illustre Concittadina di tutti i tempi, la gloriosissima Vergine e Martire Siracusana SANTA LUCIA, per questo nuovo abbraccio amoroso che concederà ai suoi diletti concittadini e devoti attraverso il segno visibile della visita delle sue venerate Sacre Reliquie! Tutti insieme gridiamo, con tutto il fiato e specialmente con tutto il cuore: Sarausana jè, viva Santa Lucia! Sarausana jè, viva Santa Lucia! Sarausana jè, viva Santa Lucia! E da ora a quel benedetto 14 dicembre 2014, cari concittadini siracusani e devoti siciliani tutti, prepariamoci sinceramente e perfettamente a un simile meraviglioso dono: innanzitutto vivendo ogni attimo della nostra giornata in modo da far felice in Cielo Lei, la nostra Lucia, e cioè cercando con tutte le nostre forze di vivere i comandamenti di Dio mettendo in pratica le Parole del Santo Vangelo di Gesù Cristo, nostro unico Signore e Salvatore, Divino Sposo dell'anima purissima di Lucia, per il Quale Ella ha donato tutta la propria vita nella testimonianza di fede, nella carità e nelle opere di misericordia, nella coerenza di vita e nel supremo atto eroico del martirio cruento. Prepariamoci ad accogliere Lucia nella nostra città con la conversione del cuore e con l'ardore delle opere. Prepariamoci mettendo in azione tutte le nostre energie e le nostre idee affinché l'evento sia degnamente e dignitosamente svolto come merita!

giovedì 16 gennaio 2014

"Peregrinatio Luciae" al Sepolcro di S. Agata

Benritrovati, carissimi amici! E' un'iniziativa d'istituzione molto recente, ma grazie a Dio sta diventando ormai una tradizione, molto bella: i devoti siracusani e siciliani di S. Lucia, a imitazione dell'esempio stesso della propria Patrona, rinnovano e ripetono il pellegrinaggio che Lucia e la madre Eutichia effettuarono il 5 febbraio del lontano anno 301 presso il sepolcro della taumaturga protomartire catanese S. Agata, in occasione dei festeggiamenti annuali in suo onore che con grande solennità vengono celebrati a Catania. La presenza viva di S. Lucia, che ancora una volta compirà simbolicamente questo pellegrinaggio da Siracusa a Catania, verrà concretizzata non soltanto nella persona dei suoi devoti concittadini, ma anche dalla straordinaria peregrinatio dell'insigne reliquia della megalomartire siracusana. L'appuntamento per tutti è anche quest'anno nella protocattedrale etnea di S. Agata la Vetere. 
Sante Agata e Lucia, pregate per noi!

mercoledì 1 gennaio 2014

ESPOSIZIONE DI S. LUCIA 9-13 GENNAIO '14


Come ormai da antica, ininterrotta e soprattutto sentitissima tradizione tipicamente siracusana, anche quest'anno si rinnova l'atteso rito delle "5 giornate di S. Lucia di gennaio" che concludono i solenni festeggiamenti invernali che la città natale sempre tributa con immutato amore alla propria Patrona Principale e più illustre Concittadina.
La memoria del dies natalis (ossia del martirio) di S. Lucia, infatti, che in tutto il mondo viene celebrata il 13 dicembre, a Siracusa è ovviamente una specialissima solennità, incorniciata da un ricchissimo e intenso programma di celebrazioni della durata di ben due mesi (dal 13 novembre al 13 gennaio).
Prima dei tradizionali festeggiamenti primaverili, ruotanti attorno alla gioiosa "Festa del Patrocinio di S. Lucia", Siracusa tutta saluta così in grande l'amatissima Protettrice con alcuni importanti appuntamenti interni celebrati con elegante solennità nella magnifica Basilica Cattedrale della Città: le Sacre Reliquie e il pregevole simulacro-reliquiario argenteo della taumaturga Martire siracusana saranno solennemente esposti alla venerazione dei fedeli dal 9 al 13 gennaio, per l'intera giornata, nella Cappella della Santa in Duomo.
In particolare, il 9 gennaio la Chiesa siracusana celebra la "Festa della Dedicazione del Duomo", a ricordo della riconsacrazione del tempio avvenuta il 9 gennaio 1927 dopo gli imponenti lavori di restauro che interessarono l'interno della basilica. In concomitanza con tale occasione, si svolgerà anche l'annuale Assemblea Pastorale Diocesana.
L'11 gennaio, poi, si celebra la "Commemorazione del Patrocinio di S. Lucia nel terremoto del 1693", a ricordo del disastroso sisma della Val di Noto, pregando S. Lucia per le vittime degli eventi tellurici di tutti i luoghi e di tutti i tempi, anche recenti.
Il 13 gennaio, infine, si celebra la "Commemorazione delle Traslazioni delle Reliquie di S. Lucia", antichissima memoria ufficiale del calendario liturgico siracusano, a ricordo del fortunoso peregrinare del Santo Corpicino della Martire da Siracusa a Costantinopoli nel 1039 e da Costantinopoli a Venezia nel 1204, ma soprattutto a ricordo del gioiosissimo evento storico della prima Visita del Corpo di S. Lucia da Venezia a Siracusa nel 2004, XVII Centenario del Martirio della Santa.
A tutti i devoti di S. Lucia, auguri di buon anno in comunione di preghiera con la nostra S. Patrona!
 
Sarausana jè, viva S. Lucia!


 
 

PAROLA DI VITA - GENNAIO 2014

"Cristo, unico fondamento della Chiesa" (cf 1 Cor 3,11)
Era l’anno 50 quando Paolo arrivò a Corinto, la grande città della Grecia famosa per l’importante porto commerciale e vivace per le sue molteplici correnti di pensiero. Per 18 mesi l’apostolo vi annunciò il Vangelo e pose le basi di una fiorente comunità cristiana. Altri dopo di lui continuarono l’opera di evangelizzazione. Ma i nuovi cristiani rischiavano di attaccarsi alle persone che portavano il messaggio di Cristo, piuttosto che a Cristo stesso. Nascevano così le fazioni: “Io sono di Paolo”, dicevano alcuni; e altri, sempre riferendosi all’apostolo preferito: “Io sono di Apollo”, oppure: “Io sono di Pietro”.
Davanti alla divisione che turbava la comunità, Paolo afferma con forza che i costruttori della Chiesa, paragonata ad un edificio, ad un tempio, possono essere tanti, ma uno solo è il fondamento, la pietra viva: Cristo Gesù.
Soprattutto questo mese, durante la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, le Chiese e le comunità ecclesiali ricordano insieme che Cristo è l’unico loro fondamento, e che soltanto aderendo a Lui e viven­do l’unico suo Vangelo possono trovare la piena e visibile unità tra di loro.
“Cristo, unico fondamento della Chiesa”
Fondare la nostra vita su Cristo significa essere una sola cosa con Lui, pensare come Lui pensa, volere ciò che Lui vuole, vivere come Lui ha vissuto.
Ma come fondarci, radicarci su di Lui? Come diventare una cosa sola con Lui?
Mettendo in pratica il Vangelo.
Gesù è il Verbo, ossia la Parola di Dio che si è incarnata. E se Egli è la Parola che ha assunto la natura umana, noi saremo veri cristiani se saremo uomini e donne che informano tutta la loro vita della Parola di Dio.
Se noi viviamo le sue parole, anzi, se le parole sue ci vivono, sì da fare di noi “Parole vive”, siamo uno con Lui, ci stringiamo a Lui; non vive più l’io o il noi, ma la Parola in tutti. Potremo pensare che vivendo così daremo un contributo perché l’unità tra tutti i cristiani diventi una realtà.
Come il corpo respira per vivere, così l’anima per vivere vive la Parola di Dio.
Uno dei primi frutti è la nascita di Gesù in noi e tra noi. Questo provoca un mutamento di mentalità: inietta nei cuori di tutti, siano essi europei o asiatici o australiani o americani o africani, gli stessi sentimenti di Cristo di fronte alle circostanze, alle singole persone, alla società. [...]
La Parola vissuta rende liberi dai condizionamenti umani, infonde gioia, pace, semplicità, pienezza di vita, luce; facendoci aderire a Cristo, ci trasforma a poco a poco in altri Lui.
“Cristo, unico fondamento della Chiesa”
Ma c’è una Parola che riassume tutte le altre, è amare: amare Dio e il prossimo. Gesù sintetizza in questa “tutta la Legge e i Profeti” (cf Mt 22,40).
Il fatto è che ogni Parola, pur essendo espressa in termini umani e diversi, è Parola di Dio; ma siccome Dio è Amore, ogni Parola è carità.
Come vivere allora questo mese? Come stringerci a Cristo “unico fondamento della Chiesa”? Amando come Lui ci ha insegnato.
“Ama e fa’ quello che vuoi”, ha detto sant’Agostino, quasi sintetizzando la norma di vita evangelica, perché amando non sbaglierai, ma adempirai in pieno la volontà di Dio.

(Chiara Lubich)